“Il caso dell’aquila reale ritrovata ferita a San Nazario ha tenuto molti vicentini col fiato sospeso. Dopo due mesi d’attesa, vedere questo magnifico animale librarsi nuovamente nei cieli, ci ha lasciati con un senso di sollievo e appagamento”. A dare la notizia è Francesco Costa, delegato della sezione LIPU di Vicenza.
“Il sistema evidentemente funziona: siamo in grado di recuperare un animale selvatico in difficoltà, destinato a morte certa, garantendogli le cure necessarie. Eccezionale il lavoro condotto da tutti coloro che hanno soccorso l’aquila, l’hanno curata e fatto di tutto per rimetterla nelle condizioni di riconquistare la libertà. Tanti sono stati i passi avanti dai tempi in cui, non molti decenni fa, verso la fine degli anni settanta, le stesse aquile erano classificate ancora come “nocive” e venivano sistematicamente sparate. Un progresso formidabile, nella direzione di una società che non solo a parole, ma anche nei fatti, vuole mostrarsi più rispettosa della fauna selvatica e in generale della natura-continua Costa- E’ bene dunque, passata l’emozione, analizzare le cause che hanno portato un grande rapace adulto ad infortunarsi. Il fatto che, al momento del ritrovamento, l’aquila fosse docile come un animale domestico, ha lasciato tutti sorpresi, ma era già il sintomo di una condizione patologica che poi, purtroppo, è stata confermata dalla diagnosi dei veterinari: avvelenamento da piombo causato da ingestione di selvaggina. Tradotto: l’aquila ha ingerito il piombo nutrendosi delle carcasse o dei resti di animali uccisi dai cacciatori. Per comprendere come ciò avvenga basterà descrivere una situazione tipica: un cacciatore uccide, ad esempio, un capriolo, sparandogli un proiettile contenente piombo, poi ne estrae le viscere e le lascia sul posto, dopo un po’ arriva un’aquila e si nutre dell’inaspettato banchetto. Spesso e volentieri, ovvero nel 63% dei casi (Bassi et al. 2021), quelle viscere sono contaminate dal metallo velenoso, frammentato in piccole schegge di proiettile.