Dopo l’assoluzione in primo grado dall'accusa di maltrattamento nei confronti di tutti i cani ospitati nella struttura di Manoppello di cui è titolare, per la donna arriva anche quella in appello sulla seconda delle accuse: la responsabilità per la morte di un pitbull affetto da una patologia grave che, questa era la tesi dell'accusa, non avrebbe curato a dovere.
Il caso che, in realtà, fece esplodere la vicenda portando nel 2021 al sequestro del canile affidato per i due anni successivi, e cioè fino alla sentenza di primo grado del 2023, a un'associazione.
Il fatto non sussiste scrivono oggi i giudici del tribunale d’appello di L’Aquila: “le insufficienti risultanze probatorie, si legge nel dispositivo, conducono in riforma della sentenza ad assolvere l’imputata”.
Soddisfatto uno dei due legali della donna, Fiore Ioannoni che del caso si è occupato con il collega Dario Bini, perché quella sentenza quantomeno “riabilita il nome della signora oggi 76enne, che ha speso la vita a dedicarsi agli animali abbandonati e che si è trovata a doversi difendere da un’accusa piuttosto infamante per una persona che di loro si prende cura: i maltrattamenti, da cui era stata assolta già in primo grado, e ora la morte del pitbull”.