giovedì 26 dicembre 2013

CONFESSA IL CACCIATORE ASSASSINO

a quante morti dovremmo assistere per la caccia?

In particolare l’imprenditore edile di Scario che ai carabinieri della locale stazione avrebbe confessato di essere stato lui a far partire, per errore, la pallottola. La sua intenzione, secondo quanto avrebbe dichiarato, «era quella di uccidere il cinghiale che precedentemente era stato ferito da un altro componente della squadra». Alla fine l’animale è deceduto in seguito a quel primo colpo e lungo la traiettoria in cui si trovava Josè. Difatti entrambi i cadaveri sono stati rivenuti a poca distanza l’uno dall’altro. 

Indagini e accertamenti Continuano ad indagare i carabinieri e la procura di Vallo della Lucania che ha aperto un fascicolo sul caso e indagato otto persone con l’accusa di omicidio colposo. Intanto le giubbe verdi della forestale hanno accertato che nell’area in cui si è consumata la tragedia è vietata la caccia. Il maresciallo Domenico Nucera della caserma di Torre Orsaia, nelle prossime ore, chiederà conferma agli uffici comunali preposti. La posizione degli otto indagati inizia a complicarsi. Il rischio è che a finire sotto processo, anche se per capi d’imputazione diversi, sarà l’intera squadra e non solo il cacciatore reo confesso. Dai primi accertamenti, sembrerebbe che oltre a scegliere una zona vietata alle doppiette, il gruppo avrebbe infranto molte delle regole previste per la battuta al cinghiale. 

L'altro ferito Intanto è stato sottoposto ad un delicato Antonio Speranza. Il ragazzo che quel pomeriggio cercava i funghi dalla altra parte della collina dove è stato ucciso Josè e che fu raggiunto da diversi colpi di fucile alle gambe. L’equipe del dottore Molinaro, primario dell’ Ortopedia dell’ospedale di Sapri, ha provveduto a recuperare i tre proiettili finiti nella caviglia destra dopo che erano fuoriusciti dalla gamba sinistra, che avevano attraversato per intero lesionando le ossa.