sabato 9 marzo 2019

BRACCONIERE UCCISO LE LACRIME DEL FIGLIO

Bracconiere ucciso, le lacrime del figlio

Centrato dai pallettoni del compagno di battuta al cinghiale nei boschi di Riparbella. Il ragazzo tra i primi ad arrivare

CECINA. Due colpi esplosi nel buio. In mezzo alla pioggia e al forte vento, Bruno Marrocu, 41 anni originario di Nuoro ma residente a Riparbella, si accorge troppo tardi che i pallettoni della sua doppietta calibro 12 non hanno centrato un cinghiale ma il suo amico Giovanni Antonio Giobbe, 59 anni sassarese e anche lui residente a Riparbella. Un errore fatale nella battuta di caccia di frodo che i due avevano organizzato nella serata di venerdì 13 maggio. Giobbe viene colpito in pieno petto.
Marrocu, sconvolto, chiama il 118, mentre sul posto, una radura in cima ad una collina situata a pochi chilometri dal podere Le Tegole, arriva anche il figlio maggiore della vittima avvisato proprio da Marrocu. «Ho cercato mio padre nelle due ambulanze ferme lungo la strada ma non c’era. A quel punto ho iniziato a correre in cima alla collina. Era a terra, ferito al petto e pieno di sangue. Mi sono buttato su di lui, respirava ancora. L’ho chiamato ma non mi ha riconosciuto, ho provato a stringergli la mano ma mi sono accorto che stava diventando fredda. A quel punto ho capito che non ce l’avrebbe fatta».
Una lacrima bagna il volto di Kelvin Martinez, 27 anni compiuti proprio il 14 maggio, poche ore dopo la morte di Giovanni Antonio Giobbe. L’uomo ha sposato sua madre Daisy, originaria di Santo Domingo, nei primi anni ’90 quando Kelvin era piccolissimo. «Babbo è uscito di casa insieme a Bruno intorno alle 20 ma dopo un’ora Bruno mi ha telefonato sconvolto - spiega ancora Kelvin -. Ha detto che mio padre aveva sparato per primo ad un animale e si era spostato per vedere se fosse morto o meno. Bruno, sentendo un movimento nella vegetazione, ha esploso due colpi in direzione di quei rumori».
I pallettoni della doppietta, però, centrano in pieno petto Giobbe. L'uomo è ferito gravemente ma ancora vivo. Marrocu si accorge del terribile errore e chiama, sono le 21,15, il 118 e avvisa il figlio della vittima.
«Non è la prima volta che vanno in quella zona, per questo sono andato immediatamente sul luogo della tragedia - racconta ancora Kelvin -. Ho cercato babbo nelle due ambulanze ferme ai piedi della radura ma erano vuote. A quel punto, sotto una pioggia battente, ho corso più velocemente che potevo in cima alla collina».
Si ferma ancora il ragazzo, la voce rotta dal dolore. «Ho capito quasi subito che non ce l'avrebbe fatta, ho provato a chiamarlo ma non mi ha mai risposto».
Marrocu è disperato. «Voleva uccidersi per ciò che era accaduto - afferma ancora Kelvin Giobbe -. Poi hanno caricato babbo sulla barella e lo hanno portato giù fino all'ambulanza. I volontari hanno tentato di rianimarlo per quasi un'ora credo, non ricordo esattamente. Mentre il medico a bordo non è intervenuta ma si è limitata a compilare dei documenti e a farmi delle domande. Le condizioni di mio padre erano gravi, non capisco perché non ci sia stato l'intervento del medico».
Giovanni Antonio Giobbe muore nel trasferimento all’ospedale di Cecina, praticamente tra le braccia del figlio Kelvin. Bruno Marrocu intanto viene indagato per omicidio colposo, mentre tutte le armi dell’uomo, che era un cacciatore e aveva regolare porto d’armi, sono state sequestrate. Si tratta di una pistola semiautomatica e di undici fucili. Secondo quanto appreso dagli inquirenti, invece, la vittima non avrebbe la licenza per il porto d'armi. L’ultimo caso mortale a Riparbella legato al bracconaggio risale al 2012, quando Raffaelangelo Pisano, un uomo di 48 anni, perse la vita a fine luglio in località Fornace.