Quiliano - Rino si fidava dell'essere umano perché, quando ancora era un piccolissimo cucciolo, due persone si erano prese cura di lui, crescendolo come uno di famiglia. Purtroppo per il giovane esemplare incrociato tra un cinghiale e una scrofa la mano dell'uomo ha anche messo fine alla sua vita con un colpo di fucile nei boschi di Quiliano. E, come se non bastasse il dolore per la perdita dell'amico, i proprietari hanno fatto la terribile scoperta della morte del loro animale attraverso i social, quando uno dei cacciatori ha postato la foto di Rino, abbattuto, commentando l'aspetto culinario della propria preda.
«Purtroppo lo abbiamo riconosciuto subito - raccontano i proprietari che, per paura di ritorsioni preferiscono rimanere anonimi – Rino era un incrocio e non aveva le zanne sviluppate come i suoi simili. È doloroso immaginare la fine che ha fatto e se poi ci aggiungiamo che ci denigrano per questo con tanto di offese si può immaginare cosa stiamo passando». Il cucciolo di cinghiale ha trascorso i primi mesi della sua vita in casa fino a che, diventato adulto, aveva a disposizione un terreno recintato dove poteva girare libero con altri animali. «Rino arrivò da noi così piccolo che i primi tempi dormiva in una scarpa da ginnastica. - raccontano i proprietari - Abbiamo dei video dove gioca a palla e ci segue comportandosi come un grosso cucciolo di cane e quando è diventato troppo grande quasi si risentiva di non poter più essere preso in braccio».
Raggiunta la maturità Rino un giorno scappa per ricomparire ogni sera e, dopo poco tempo, con una compagna. «Da allora ha trascorso il suo tempo nella zona intorno al recinto con altri suoi simili, ma ogni sera rientrava per mangiare con la sua compagna e poi con i suoi cuccioli». Rino era domestico a tutti gli effetti, con tanto di microchip e registrazione all’Asl, a norma di legge, ma non era stato possibile castralo perché l'operazione poteva essere svolta solo fuori regione. Un viaggio che metteva a rischio la salute dell'animale. «Tutti nella zona sapevano di Rino e lo conoscevano - spiega la coppia – Mercoledì sera non è tornato e abbiamo iniziato a preoccuparci poi è comparsa la foto postata da un cacciatore della zona. È stato orribile scoprire cosa fosse successo così ed ancora più terribile subire i commenti a difesa dell'operato della squadra di cacciatori. Per questo eravamo titubanti nel raccontare quanto accaduto, abbiamo altri animali. In una regione tra le più permissive per la caccia speriamo che la sua morte possa servire a smuovere qualcosa».
La storia di Rino in poco tempo è rimbalzata sui social scatenando diverse reazioni. C'è chi ha difeso l'operato dei cacciatori, facendo notare che il cinghiale andava tenuto nel recinto e chi, invece, ha duramente condannato l'episodio. A detta di molti, Rino era facilmente riconoscibile. E’ stata anche sollevata la questione del pericolo di transitare nei boschi per una passeggiata o per funghi.