SULLE VICENDE DELLA DEPENALIZZAZIONE DEI REATI CONTRO GLI ANIMALI SI SONO SCATENATE VARIE POLEMICHE. ABBIAMO CHIESTO DI POTER PUBBLICARE SUL BLOG DI AIDAA L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA LAV GIANLUCA FELICETTI E LA POSIZIONE LEGALE DI DUE IMPORTANTI AVVOCATI ABBIAMO AVUTO IL VIA LIBERA DAL PRESIDENTE NAZIONALE LAV CHE RINGRAZIAMO DI CUORE.
|
gianluca felicetti presidente lav |
TUTTO QUESTO MATERIALE E' REPERIBILE ANCHE SUL SITO
MALTRATTAMENTO E
UCCISIONE DI UN ANIMALE NON PUO’ MAI ESSERE “TENUE”. I
REATI NON SONO STATI DEPENALIZZATI. E ORA, ANZI, PARLAMENTO E GOVERNO
MIGLIORINO IL CODICE PENALE
La norma sulla “tenuità”,
in vigore dal 2 aprile, è residuale, inapplicabile di fatto,
ai reati contro gli animali. Maltrattamenti e uccisioni non solo
continueranno ad essere perseguibili ma non archiviabili nella
stragrande maggioranza dei casi anche alla luce del nuovo articolo
131-bis del Codice penale voluto dal Governo e avallato dalla grande
maggioranza del Parlamento. I reati contro gli animali rimangono
quindi perseguibili d’ufficio e ogni Forza di polizia è tenuta a
intervenire pena la denuncia per omissione d’atti d’ufficio.
Certo, si tratta - aldilà
degli animali - di un brutto articolo, proposto per ottenere,
forse, una giustizia più veloce dando pieno mandato alle Procure di
sfoltire i procedimenti per le previsioni fino a cinque anni di
reclusione. Ma non è una depenalizzazione e peraltro vede fra le
pochissime eccezioni all’applicazione della “tenuità del fatto”
i motivi abietti o futili, la crudeltà, “anche
in danno di animali”. In più l’obbligo
per la Procura di notificare sempre e comunque alla persona offesa,
compresi gli Enti come la LAV che perseguono “finalità
di tutela degli interessi lesi dai reati contro gli animali”
l’eventuale richiesta di archiviazione permettendo così una
strenua opposizione all’istituto anche nei casi più blandi,
facendo valere il principio inderogabile di derivazione comunitaria
che mai può essere un fatto tenue, ciò che comporta la
compromissione della vita e della salute di un singolo animale.
Una previsione esplicita questa, sulla quale intervengono in un
approfondimento giuridico il magistrato Maurizio Santoloci e
l’avvocato Carla Campanaro, nostri direttore e responsabile
dell’Ufficio Legale LAV (allegato).
All’uscita della
proposta del Governo, nel dicembre scorso ottenemmo grazie alla
mobilitazione di decine di migliaia di persone, le dichiarazioni
pubbliche del premier Renzi e del Ministro della Giustizia Orlando,
nonché l’approvazione di un parere con condizioni della
Commissione Giustizia della Camera proprio riguardo agli animali. Un
risultato politico rilevante alla cui luce deve oggi essere letta la
nuova norma.
Non
è infatti mai “tenue” la morte e il maltrattamento di un essere
senziente. Questo è il principio che affermeremo da domani a tutte
le Polizie e in tutte le Procure e Tribunali d’Italia. E in
più depositeremo con un fronte trasversale di deputati e senatori
una nuova proposta di legge (allegata)
di “Armonizzazione,
modifiche e implementazione delle disposizioni sulla repressione e il
contrasto dei reati contro gli animali”. Vedremo
se questo Parlamento e questo Governo vogliono cambiare, in meglio,
dopo che abbiamo evitato il peggio.
Gianluca Felicetti presidente LAV
Inapplicabilità
di fatto dell’istituto della “tenuità” ai crimini contro gli
animali
a
cura di
Dott.
Maurizio Santoloci (Direttore Ufficio Legale LAV)
Avv.
Carla Campanaro (Responsabile Ufficio Legale LAV)
La
norma sulla tenuità del fatto
E’
stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.64 del 18 marzo ed entra
in vigore il 2 aprile, il Decreto Legislativo n.28 in attuazione
della legge delega 28 aprile 2014 n. 67 in materia di pene detentive
non carcerarie e depenalizzazione.
L’articolo
1 del Decreto citato ‘modifiche al codice penale’ cambia il
Titolo V nella versione ‘della
non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della
modificazione, applicazione ed esecuzione della pena’, ed
il Capo I nella nuova formulazione
‘ della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della
modificazione ed applicazione della pena’, inserendo
l’articolo
131 bis c.p. ‘esclusione
della punibilità per particolare tenuità del fatto’.
Tale
articolo prevede che nei
reati per cui è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo
a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla
predetta pena è esclusa la punibilità nel caso in cui:
per
le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del
pericolo (requisiti da valutare congiuntamente) valutate ai sensi
dell’art 133 primo comma l’offesa è di particolare tenuità e il
comportamento non risulta abituale.
Al
secondo comma dell’articolo 131 bis c.p. sono previste le cause di
esclusione dell’istituto in esame, essendo espressamente previsto
che l’offesa
non può essere considerata di particolare tenuità
quando:
l’autore
ha agito per motivi abietti o futili o con crudeltà anche
in danno di animali,
ha
adoperato sevizie o, ancora,
ha
approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima anche
in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha
cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la
morte o le lesioni gravissime di una persona.
Al
terzo comma del citato articolo è poi previsto che il comportamento
può definirsi abituale quando l’autore sia stato dichiarato
delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia
commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto
isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel
caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte
plurime, abituali e reiterate.
Da
un punto di vista squisitamente procedurale all’articolo 2 del
Decreto è previsto l’inserimento del comma 1 bis dell’articolo
411 c.p.p. che espressamente prevede che:
se
l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il
pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle
indagini ed alla persona offesa, precisando che nel termine di dieci
giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione
in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso
rispetto alla richiesta. Il giudice se l’opposizione non è
inammissibile dopo aver sentito le parti procede ai sensi
dell’articolo 409 comma 2 ovvero fissando udienza in camera di
consiglio dove le parti potranno interloquire sul punto. Se invece
accoglie la richiesta emette decreto motivato.
***
Aspetti
procedurali, la notifica alla persona offesa come strumento
fondamentale per il diritto di difesa nei crimini contro gli animali
L’articolo
131-bis ‘esclusione
della punibilità per particolare tenuità del fatto’
prevede quindi l’esclusione della punibilità mediante il nuovo
istituto della ‘particolare
tenuità del fatto’.
E’
quindi molto importante analizzare, al fine di non creare pericolosi
vuoti di tutela o illegittime depenalizzazioni occulte, quando è
possibile applicare tale applicazione e quando invece una richiesta
in tal senso da parte della Procura andrebbe valutata come
inammissibile.
In
base al dettato della norma, sono quattro
i requisiti,
congiuntamente previsti, che la Procura deve valutare
nell’applicazione dell’istituto, che evidentemente devono
emergere dal merito dell’archiviazione come notificata alla persona
sottoposta alle indagini ed alla persona offesa (in base al dettato
del nuovo articolo 411 comma 1 bis c.p.p.). Pertanto la persona
offesa (da leggere in senso lato anche come Associazione con fini
statutari lesi dalle condotte criminose, nel caso specifico
associazioni di protezione animale ai sensi dell’articolo19 quater
disp. coord. trans c.p. nonché associazioni di protezione
ambientali) ha tutto il potere, essendo la notifica ad essa
obbligatoria, di contestare nel merito, come si legge nella relazione
al Decreto Legislativo, tale istanza, argomentando davanti al GIP ai
sensi dell’articolo 409 secondo comma c.p.
Quid
juris nel
caso in cui si proceda d’ufficio in materia di crimini ambientali o
contro gli animali e non siano presenti sin dal principio
associazioni quali parti lese (dato assai frequente)? Giova ricordare
come, analizzando la normativa di cui si discute, la legge 189 del
2004 ha introdotto specifiche ipotesi delittuose che hanno come bene
giuridico il ‘sentimento
di pietà per gli animali’
(capo IX bis del codice penale) ma anche indirettamente l’animale
in se e per se, e che sanzionano con la reclusione sino a due anni
condotte che portano all’uccisione (articolo 544 bis c.p.) e
maltrattamento (articolo 544 ter c.p.). All’articolo 544 sexies
c.p. è poi previsto uno strumento processuale fondamentale per
garantire la concreta applicazione della norma e la ratio ad essa
sottesa ovvero la tutela giuridica degli animali, che è la confisca
obbligatoria degli animali (articolo 544 sexies c.p.), ovvero la
sottrazione, garantita anche in fase di indagini preliminari mediante
lo strumento del sequestro preventivo di cui all’articolo 321
c.p.p., della vittima del reato ovvero dell’animale all’autore
della condotta criminosa. L’articolo 19-quater (Affidamento degli
animali sequestrati o confiscati) delle disposizioni di coordinamento
e transitorie del codice penale prevede poi che gli animali vittime
di reato sono affidati in custodia ad Enti con specifici poteri
processuali, ovvero quelli individuati dall’articolo 7 della legge
189 del 2004 (Diritti
e facoltà degli enti e delle associazioni)
che a sua volta prevede specifici poteri processuali statuendo che
‘Ai
sensi dell'articolo 91 del codice di procedura penale, le
associazioni e gli enti di cui all'articolo 19-quater delle
disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale
perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati
previsti dalla presente legge’.
La partecipazione degli Enti in questione, che evidentemente surroga
la capacità processuale della reale vittima del reato (animale) che
non ha logicamente il potere processuale di farsi rappresentare
direttamente, è del tutto eventuale ovvero avviene nei casi in cui
tali Enti sono messi a conoscenza di tali procedimenti o hanno di per
se avviato le indagini con propria denuncia.
Si
ritiene che, essendo sempre individuabile la persona offesa in
materia di reati contro gli animali in base ai decreti ministeriali
emanati ai sensi dell’art 7 della legge 189 del 2004 ed articolo 19
quater disp. coord. trans. c.p la
Procura abbia l’onere di notificare sempre e comunque ad un Ente
che persegue ‘finalità
di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente
legge
(articolo
7 legge 189 del 2004)
tale
richiesta di archiviazione, pena una gravissima compromissione del
diritto di difesa.
Il sacrificio della persona offesa che vede negato il diritto al
processo ha delle gravissime ripercussioni in termini processuali
considerato che il piano su cui si procede, quello penale è l’unico
deputato a garantire la reale tutela degli animali coinvolti mediante
il meccanismo di cui all’articolo 544 sexies c.p. della confisca
obbligatoria degli animali e la conseguente loro sottrazione
all’autore della condotta criminosa, che sarebbe del tutto
frustrata. Il ristoro civilistico rispetto alla tutela degli animali
non è assolutamente in grado di bilanciare il sacrificio della
chiusura di un processo penale giacchè la ratio della norma, ovvero
garantirne la loro incolumità e tutela sarebbe del tutto
compromessa, a nulla valendo il risarcimento in sede civile delle
associazioni di cui al 19 quater disp coord. Trans. c.p.p. che
infatti operano prettamente in ambito penalistico a supporto della
pubblica accusa
***
La
tenuità del fatto e i crimini contro gli animali, un applicazione
del tutto residuale.
Non
pare superflua una breve ricognizione delle norme cogenti a tutela
degli animali, ai fini di inquadramento dell’istituto in esame
nella più generale cornice normativa di riferimento di protezione
degli animali e permettere quindi un’interpretazione sistematica
delle norme in commento agli operatori del settore, in primis
magistratura, che dovrà applicare l’istituto in esame.
In
ambito comunitario, l’articolo
13 del Trattato Europeo (TFUE) dispone testualmente che “Nella
formulazione e nella attuazione delle politiche della Unione nei
settori della agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato
interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio,
l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze
in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti,
rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative
e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in
particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il
patrimonio regionale”.
Il principio di garanzia della tutela degli animali quali esseri
senzienti ed a
contrario
il divieto di lederne la vita o la salute costituisce dunque un
principio generale del diritto comunitario in quanto inserito nel
titolo II del TFUE (Disposizioni di applicazione generale). Ciò
comporta che, nella formulazione e nell’attuazione delle politiche
dell’Unione Europea e nella legislazione (e sua applicazione)
relativa degli Stati membri, il principio di cui all’articolo 13
funge da parametro positivo nella politica giudiziaria, in quanto
l’articolo 13 prescrive che l’Unione e gli stati membri tengano
(cioè debbano obbligatoriamente tenere) pienamente conto delle
esigenze in materia di benessere degli animali in quanto essere
senzienti. La tutela giuridica degli animali e del loro benessere ci
è quindi imposta dal legislatore comunitario, ma vi è di più.
Per
quanto riguarda le specie animali protette la Direttiva 2009/147/CE,
la Direttiva 92/43/CE ed il
Regolamento (CE) n.338/97 impongono specifiche misure di protezione
di animali la cui tutela penale è disciplinata dalla legge 150 del
1992 e dalla legge 157 del 1992, tutela rafforzata sempre in ambito
penale dalla
Direttiva 2008/99/CE che all’articolo 3 lettere g ed h
espressamente impone agli Stati membri che “Ciascuno
Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora
siano illecite e poste in essere intenzionalmente o
quanto
meno per grave negligenza, costituiscano
reati”
indicando
tra le varie fattispecie f)
l’uccisione,
la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari
di
specie animali o vegetali selvatiche protette (…) g) il commercio
di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche, protette o di
parti di esse o di prodotti derivati (…).
Pertanto una specifica direttiva impone agli Stati membri di dare
adeguata tutela penale alle specie protette, mentre
per quanto riguarda gli animali ‘da compagnia’ il
27 ottobre 2010 è stata approvata la Legge di ratifica ed esecuzione
della Convezione europea per la protezione degli animali da
compagnia, stipulata a Strasburgo il 13 novembre 1987 (legge n 201
del 2010), che espressamente impone la tutela del benessere e
dell’integrità psicofisica dei cosiddetti animali d’affezione,
mentre norma generale a tutela della vita e dell’incolumità fisica
degli animali è la legge 189 del 2004 che introduce a corredo
specifiche ipotesi criminose contro gli animali, attuate non solo
‘per crudeltà’, ma anche più semplicemente ‘senza necessità’
ovvero con dolo generico e generalmente per motivi economici e
gestionali legati alle attività commerciali con animali. In tali
casi, migliaia di animali subiscono ‘senza necessità’ lesioni e
compromissioni, spesso irreversibili della loro salute, ma le
condotte non sono compiute ‘per motivi abietti o futili’ e dunque
ipoteticamente potrebbero ricadere nell’istituto in esame della
tenuità del fatto. Nel
caso di tali reati che intervengono a garantire l’incolumità della
vita o della salute del singolo animale (dunque ‘beni superiori’
e non negoziabili, se non nel caso della ‘mancanza di necessità’
già prevista dalle norme in esame) appare evidente come il concetto
di danno sia da ritenersi in se stesso grave. Appare di tutta
evidenza che ‘cagionare
la morte’
di un animale, reato di cui all’articolo 544 bis c.p. non possa mai
essere ritenuto un fatto irrilevante di per se, essendo la vita
dell’animale, oggetto di tutela penale, irrimediabilmente
compromessa, ancor di più se specie protetta ai sensi della
direttiva penale poc’anzi citata, a nulla valendo eventuali profili
civilistici di ristoro inattivabili in tal senso dalla vittima del
reato. Anche
in relazione al requisito dell’occasionalità della condotta appare
di tutta evidenza come quest’ultima non possa incidere sul reato di
uccisione di specie protetta o di uccisione generale facendone
derivare l’irrilevanza del fatto, giacchè si ritiene evidente che
l’uccisione di un singolo animale sia di per se un danno grave ed
irreparabile al di là dell’occasionalità della condotta.
Soltanto
ipoteticamente, perché ad un attento esame dei requisiti previsti
dalla norma evidentemente non è così, ed emerge anzi il contrario,
ovvero che in materia di crimini contro gli animali tale istituto
possa essere ritenuto del tutto residuale.
In
materia di crimini contro gli animali, così come per tutti i reati
previsti dalla norma, la valutazione della Procura sulla ‘tenuità
del fatto’ da cui discende la relativa richiesta di archiviazione
citata, che lo si ripete, può essere contestata nel merito sia da
indagato che da persona offesa, deve quindi tenere in considerazione,
alla luce di quanto sopra esposto di : le modalità della condotta e
per l’esiguità del danno o del pericolo, requisiti che
congiuntamente debbono portare ad una valutazione di ‘offesa di
particolare tenuità’ associata alla qualificazione del
comportamento del soggetto agente quale ‘non abituale’.
Quattro
quindi le valutazioni di merito e tecniche assegnate alla Procura su
cui evidentemente non può tralasciarsi quanto dedotto in termini di
protezione del bene giuridico vita ed integrità psicofisica
dell’animale.
In
primis, non può sottacersi che la valutazione dell’esiguità del
danno o pericolo, in caso di uccisione di animale (ancor più se
protetto) possa ritenersi del tutto pleonastica, essendo la vita
dell’animale bene indisponibile se non per determinati motivi
previsti dalla legge, motivo per cui l’uccisione non necessitata
comporterà sempre un danno irreversibile nei confronti del bene
giuridico tutelato, ovvero l’animale ed il sentimento di pietà che
per esso si nutre (capo IX bis c.p.) che non potrà evidentemente mai
considerarsi ‘danno esigue’. Analogamente per ciò che concerne
condotte lesive della salute e dell’integrità psicofisica
dell’animale il danno potrà molto difficilmente essere ritenuto
‘esigue’ considerato che andrebbe ad incidere su di un valore
primario quale è la salute dell’animale.
Le
modalità della condotta che congiuntamente ad una prima valutazione
di ‘esiguità del danno’ dovranno poi essere associate da parte
della Procura ad una seconda analisi, relativa alla valutazione
dell’offesa’ di particolare tenuità’ associata alla
qualificazione del comportamento del soggetto agente quale ‘non
abituale’. A tal proposito si rileva come per comportamento
abituale il legislatore abbia voluto dare un’interpretazione
estensiva, ricomprendendo tutte quelle condotte che, al di la
dell’abitualità pura che prevede la reiterazione di più condotte
identiche o omogenee, abbiano
ad oggetto condotte anche plurime e reiterate, ricomprendo così
anche il reato continuato di cui all’articolo 81 c.p. inteso quale
violazione in esecuzione del medesimo disegno criminoso anche di
diverse disposizioni incriminatrici, dato assai frequente nei crimini
contro gli animali per motivi ‘gestionali’ ed economici
nell’ambito di attività commerciali dove le condotte sono plurime
e reiterate nel tempo, in particolare nel delitto di maltrattamento.
Infine
va sottolineato che questa innovazione normativa impone una nuova
logica di redazione delle CNR, le comunicazioni di notizie di reato,
da parte della Polizia giudiziaria di reati in esame. Non vi è
dubbio, infatti, che il Pubblico Ministero in primo luogo e
successivamente ed eventualmente il Giudice possono acquisire
elementi di valutazione sui dati che abbiamo sopra esaminato in prima
fase esclusivamente sulla base della informativa che la Polizia
giudiziaria in via iniziale ha inviato al Pubblico Ministero. Dunque,
a nostro modesto avviso, la struttura della CNR per i reati in
questione deve vedere una evoluzione in sintonia con il dettato della
nuova norma, e pertanto sarà necessario che ciascun organo di
polizia giudiziaria esponga nei dettagli ed in modo chiaro tutti i
dati che saranno necessari ai magistrati successivamente per operare
una valutazione in ordine alle circostanze fin qui esaminate tutti in
condizione di decidere sulla esistenza o meno della ‘particolare
tenuità del fatto’. Il che conferma indirettamente la nostra
teoria storica in base alla quale le comunicazioni di notizie di
reato non possono essere asettiche e strettamente oggettive, ma
devono comunque in qualche modo illustrare nei dettagli tutti gli
aspetti sia oggettivi ma anche e – soprattutto - soggettivi
comportamentali inerenti il caso di specie. Si aprono, dunque, nuovi
scenari e nuove linee evolutive anche in questa delicata fase
primaria.
Maurizio
Santoloci e Carla Campanaro
.