(ANSA) - PESCASSEROLI (L'AQUILA), 10 GEN - Sono 636 i camosci del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), è questo il numero minimo rilevato durante il monitoraggio 2018. La popolazione di camoscio appenninico nel Parco viene monitorata annualmente attraverso conteggi in simultanea, svolti in estate e in autunno, lungo 34 percorsi ripetuti su due giornate consecutive. Nel 2018, per otto giornate di campo, sono stati impegnati oltre 60 operatori tra personale del servizio scientifico, Guardiaparco, Carabinieri forestali e volontari; vanno aggiunte due giornate effettuate a dicembre, su postazioni fisse in un'area boscosa in Molise osservabile solo dopo la caduta delle foglie. Le conte del 2018 hanno restituito un numero minimo (MNA) di 636 camosci di cui 117 nuovi nati (capretti o kid), pari a un tasso di natalità del 18%. Il tasso di sopravvivenza al primo anno è stato del 67% con un totale di 93 animali di 1 anno (yearling) avvistati, valore analogo a quello riscontrato nelle altre popolazioni in accrescimento.
La popolazione del Pnalm risulta, dal punto di vista numerico, sostanzialmente stabile, sebbene siano state riscontrate differenze significative tra le diverse aree di presenza. Nel 2017 erano stati contati 598 camosci. Il dato più significativo è dato dai branchi che gravitano nella zona del Marsicano e, in misura minore, delle Gravare, che mostrano un tasso di accrescimento di tipo esponenziale altamente significativo, come mostra per il 2018 il numero di camosci avvistati (MNA=215 per il Marsicano e 83 per le Gravare).
L'espansione del camoscio sta avvenendo anche sulle Mainarde laziali dove si registra una presenza stabile di branchi di femmine con capretti, da quest'anno monitorati in maniera sistematica. I parametri della zona Meta-Tartari sono invece contrastanti: rispetto al 2017 si registra un aumento di animali contati (MINA= 176) e un tasso di sopravvivenza al primo anno del 64%, ma una diminuzione di circa il 30% nel numero di nuovi nati. Di tendenza opposta i nuclei di camoscio nelle aree di presenza storica, con quantità che mostrano una tendenza negativa del numero minimo osservato, registrando un valore al di sotto della media degli ultimi 10 anni. (ANSA).