Non si fermano le catture di frodo dei cinghiali tra i boschi del versante sud del monte Venda.
Resti di carcasse di ungulati disseminati tra il verde nella zona di Pedevenda sono stati trovati anche nei giorni scorsi da alcuni escursionisti che hanno informato il comune di Cinto Euganeo per il recupero.
Anche perché con il caldo di questi giorni emanano un odore nauseabondo che pervade tutta la zona. Nella stessa area circa un mese e mezzo fa i carabinieri forestali delle stazioni di Monselice e Montegrotto avevano organizzato degli appostamenti e cogliendo in flagranza di reato un pensionato di 75 anni del posto che stava controllando i lacci che aveva teso la sera prima. Sorpreso dai militari si è difeso affermando che voleva solo difendere il proprio orto dagli animali selvatici che distruggono tutto. In quell’occasione era stata rinvenuta anche la carcassa di una volpe in avanzato stato di decomposizione. L’uomo era stato denunciato a piede libero per il reato di utilizzo di mezzi di caccia non permessi all’interno dell’area del Parco Colli. Il bracconaggio nella zona sud degli Euganei, dove la presenza dei cinghiali è importante, è molto diffuso. I cacciatori di frodo usano mezzi di cattura artigianali, come i lacci confezionati con il filo d’acciaio che mettono tra il bosco dove abitualmente passano gli animali. Una volta catturati gli scuoiano sul posto e di solito lasciano per terra le interiora e il mantello. La zona di Pedevenda è molto frequentata dagli escursionisti che in questi giorni sono stati attratti dalla puzza della carne putrefatta. Per chi maltratta gli animali, e la cattura con i lacci si configura in questo tipo di reato, l’art. 544-bis del Codice penale prevede da 4 mesi a 3 anni di reclusione.