martedì 25 maggio 2021

SOTTO IL TIRO DI MIZAR IL BRACCONIERE DI FIORIO

 fino ai tredici/quattordici anni ho seguito papà, zii e cugini nelle loro battute di caccia. Per le quaglie a San Pancrazio catturate anche nelle reti, per le tortore nella Pineta Villari fino a Piano Liguori per le trappole (30 messe in un terreno di 300mq a cerchio). Ricordo che in un giorno fortunato catturammo 400 uccellini. Ne riempimmo due “cufanelle” e ricevemmo da nonna le sue benedizioni per la fatica che doveva fare per spennarli. Mi sentivo un selvaggio? No. Ero stato educato a non sentirmi tale. Poi capii e mai diventai cacciatore in proprio. Per paura che papà non mi svegliasse alle tre di notte, riuscivo anche a non addormentarmi.

Ricordo lo sciabordio dei remi della barca di Carminiello che ci portava alla parata del prete nel mese di maggio, la lite dei cani, i discorsi dei cacciatori, il grido dei cacciatori dagli scogli con il quale si avvertiva gli amici dell’arrivo delle quaglie dal mare e le albe indimenticabili

Capite cosa era la caccia per un ragazzo e da cosa derivava l’immersione e l’amore per la natura? Ma ammazzavi creature e credevi, forse, che lo si faceva anche per necessità di sopravvivenza. Ma cosa era quella passione?

A 84 anni non me lo so ancora spiegare. So che ad un certo punto capii che quel mondo degli anni 40 andava scomparendo e che bisognava cambiare. Lo feci

Oggi non capisco come quel cittadino di Forio possa ancora pensare di catturare quei piccoli esseri. Forse tutti i disagi presenti nella società ischitana derivano proprio dal fatto che il bracconiere foriano non ha ancora capito che il Pianeta non è più quello di 70 anni fa.



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