Dopo il riconoscimento Unesco del delta del Danubio molti bracconieri dell’Est si sono trasferiti sul Po, dove aumentano i controlli. Ma serve uno sforzo in più per salvare pesci e altre specie selvatiche
Romania la chiamano la mafia del pesce. Da qualche anno a questa parte ha piantato gli stivali anche nel Delta del Po. Nelle acque interne delle province di Padova, Mantova, Rovigo, Ravenna e Ferrara, a partire dal 2012, hanno infatti messo piede decine di bracconieri ittici di professione, provenienti per lo più dalla provincia rumena di Tulcea. Un esodo forzato, dovuto alle politiche restrittive attuate dal governo di Bucarest per tutelare dalla pesca selvaggia il delta del Danubio, che proprio in quell’anno aveva ottenuto il riconoscimento di patrimonio Unesco.
Per questi pescatori, considerati dagli addetti ai lavori tra i migliori al mondo, l’adattamento nell’areale padano è stato un gioco da ragazzi: per le caratteristiche simili tra il delta che sfocia nell’Adriatico e quello che conclude la sua corsa nel Mar Nero; per l’estrema abbondanza di pesce d’acqua dolce che in Italia ha poco mercato ma all’estero molto di più; e, infine, per la pressoché totale assenza di controlli lungo le rive del nostro fiume.