La vicenda che coinvolge Andrea Leombruni, il 56enne di San Benedetto dei Marsi, in provincdia dell'Aquila, responsabile dell’uccisione di mamma orsa Amarena, riporta indietro nel tempo. Quando lo stesso scenario si presentò a settembre 2014, nel piccolo Comune di Pettorano sul Gizio. Protagonista Antonio Centofanti, all’epoca 57enne, ex cantoniere dell’Anas. L’uomo uccise a colpi di fucile un esemplare di orso bruno marsicano, che si era introdotto nel suo pollaio. La lunga vicenda giudiziaria lo ha visto condannato a risarcire - come provvisionale - per 25 mila euro ciascuno, l’associazione Salviamo l’Orso, il Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, il Wwf, la Lav e ProNatura.Oggi Salviamo L’Orso, tramite l’avvocato Michele Pezone, ha ottenuto il pignoramento di un quinto della sua pensione che sarà devoluto per la salvaguardia dell’orso bruno Marsicano. Insieme al Wwf, ha presentato un esposto alla procura di Avezzano per l’uccisione di Amarena. «Dopo tanti anni di impunità - dice Stefano Orlandini, presidente di Salviamo l’Orso - pur con le pene lievissime che il codice assegna a questo tipo di reato, la storia di Pettorano sul Gizio ha avuto un risvolto positivo, perché dopo tanta fatica e dopo l’annullamento della prima sentenza di assoluzione, la Corte ha riconosciuto in sede civile, la colpa di Centofanti condannandolo a risarcire oltre al pagamento delle spese legali, le associazioni che si erano costituite parte civile. Noi come Salviamo l’Orso, per quanto ci riguarda, abbiamo fatto tutti i passi necessari e siamo arrivati finalmente alla conclusione, nonostante il comportamento di Centofanti, ora noi incassiamo un quinto della sua pensione che reimpieghiamo nelle nostre attività, a favore dell’orso bruno marsicano».