Nuova stagione vecchi problemi per i 36mila cacciatori sardi. Ormai è diventata una vera e propria piaga, soprattutto per i cinofili: il furto di cani governato da un vortice di denaro inimmaginabile. Una barbarie che non conosce tregua. I cani preferiti? Tutti, nessuno escluso: dai soggetti con pedigree ai meticci, l’importante è che abbiano buon fiuto.
La fetta di mercato più consistente è quella dei cani da caccia grossa: un campione di caccia al cinghiale raggiunge anche la quotazione di 5mila euro, con una media che si attesta intorno ai 1500.
Una piaga che colpisce la Sardegna dal Sulcis alla Gallura, dall’Ogliastra all’Iglesiente, dall’Arburese alla Nurra, dal Sarrabus alla Barbagia. I cacciatori sono disperati: si registrano furti su commissione con la precisa scelta dei cani buoni. Di recente in un canile con nove esemplari di segugio ne sono stati rubati 5, i migliori della muta, gli altri 4 sono stati lasciati nei loro stalli.
Ma dove vanno a finire questi cani? I canali di smistamento sarebbero almeno tre: il primo porta in Corsica, il secondo verso Toscana, Umbria e alto Lazio, il terzo è il mercato locale, quello più povero, sicuramente più rischioso, ma comunque remunerativo. Generalmente i furti avvengono, come detto su commissione.
Furti che spesso non vengono denunciati per timore, ma tanti invece denunciano e in alcuni casi si riesce a ritrovare gli animali.
In questi ultimi anni il mercato dei cani da ferma su cinghiale è letteralmente esploso. Le vittime sono i setter, i pointer, i breton, i bracchi, cani che riescono a scovare il selvatico e a tenere la ‘ferma’ consentendo così al cacciatore di avvicinarsi al cinghiale.
“Per stroncare questo traffico invito i cacciatori a verificare la provenienza degli ausiliari che si intende acquistare ed è bene – afferma Marco Efisio Pisanu, presidente regionale di Caccia, Pesca Tradizioni Sardegna - segnalare eventuali frodi alle autorità”.