lunedì 30 marzo 2015

DECRETO DEPENALIZZAZIONE. IL PARERE DEGLI ESPERTI LAV E DEL PRESIDENTE FELICETTI

SULLE VICENDE DELLA DEPENALIZZAZIONE DEI REATI CONTRO GLI ANIMALI SI SONO SCATENATE VARIE POLEMICHE. ABBIAMO CHIESTO DI POTER PUBBLICARE SUL BLOG DI AIDAA L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA LAV GIANLUCA FELICETTI E LA POSIZIONE LEGALE DI DUE IMPORTANTI AVVOCATI ABBIAMO AVUTO IL VIA LIBERA DAL PRESIDENTE NAZIONALE LAV CHE RINGRAZIAMO DI CUORE. 
dal sito www.lav.it
gianluca felicetti presidente lav

TUTTO QUESTO MATERIALE E' REPERIBILE ANCHE SUL SITO 
MALTRATTAMENTO E UCCISIONE DI UN ANIMALE NON PUO’ MAI ESSERE “TENUE”.  I REATI NON SONO STATI DEPENALIZZATI. E ORA, ANZI, PARLAMENTO E GOVERNO MIGLIORINO IL CODICE PENALE
La norma sulla “tenuità”, in vigore dal 2 aprile,  è residuale, inapplicabile di fatto, ai reati contro gli animali. Maltrattamenti e uccisioni non solo continueranno ad essere perseguibili ma non archiviabili nella stragrande maggioranza dei casi anche alla luce del nuovo articolo 131-bis del Codice penale voluto dal Governo e avallato dalla grande maggioranza del Parlamento. I reati contro gli animali rimangono quindi perseguibili d’ufficio e ogni Forza di polizia è tenuta a intervenire pena la denuncia per omissione d’atti d’ufficio.
Certo, si tratta - aldilà degli animali -  di un brutto articolo, proposto per ottenere, forse, una giustizia più veloce dando pieno mandato alle Procure di sfoltire i procedimenti per le previsioni fino a cinque anni di reclusione. Ma non è una depenalizzazione e peraltro vede fra le pochissime eccezioni all’applicazione della “tenuità del fatto” i motivi abietti o futili, la crudeltà, “anche in danno di animali”. In più l’obbligo per la Procura di notificare sempre e comunque alla persona offesa, compresi gli  Enti come la LAV che perseguono “finalità di tutela degli interessi lesi dai reati contro gli animali” l’eventuale richiesta di archiviazione permettendo così una strenua opposizione all’istituto anche nei casi più blandi, facendo valere il principio inderogabile di derivazione comunitaria che mai può essere un fatto tenue, ciò che comporta la compromissione della vita e della salute di un singolo animale.  Una previsione esplicita questa, sulla quale intervengono in un approfondimento giuridico  il magistrato Maurizio Santoloci e l’avvocato Carla Campanaro, nostri direttore e responsabile dell’Ufficio Legale LAV (allegato).
All’uscita della proposta del Governo, nel dicembre scorso ottenemmo grazie alla mobilitazione di decine di migliaia di persone, le dichiarazioni pubbliche del premier Renzi e del Ministro della Giustizia Orlando, nonché l’approvazione di un parere con condizioni della Commissione Giustizia della Camera proprio riguardo agli animali. Un risultato politico rilevante alla cui luce deve oggi essere letta la nuova norma.
Non è infatti mai “tenue” la morte e il maltrattamento di un essere senziente. Questo è il principio che affermeremo da domani a tutte le Polizie e  in tutte le Procure e Tribunali d’Italia. E in più depositeremo con un fronte trasversale di deputati e senatori una nuova proposta di legge (allegata) di “Armonizzazione, modifiche e implementazione delle disposizioni sulla repressione e il contrasto dei reati contro gli animali”. Vedremo se questo Parlamento e questo Governo vogliono cambiare, in meglio, dopo che abbiamo evitato il peggio.

Gianluca Felicetti presidente LAV


Inapplicabilità di fatto dell’istituto della “tenuità” ai crimini contro gli animali

a cura di
Dott. Maurizio Santoloci (Direttore Ufficio Legale LAV)
Avv. Carla Campanaro (Responsabile Ufficio Legale LAV)



La norma sulla tenuità del fatto
E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.64 del 18 marzo ed entra in vigore il 2 aprile, il Decreto Legislativo n.28 in attuazione della legge delega 28 aprile 2014 n. 67 in materia di pene detentive non carcerarie e depenalizzazione.

L’articolo 1 del Decreto citato ‘modifiche al codice penale’ cambia il Titolo V nella versione ‘della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione, applicazione ed esecuzione della pena’, ed il Capo I nella nuova formulazione ‘ della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione ed applicazione della pena’, inserendo l’articolo 131 bis c.p. ‘esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto’.

Tale articolo prevede che nei reati per cui è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena è esclusa la punibilità nel caso in cui:
per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo (requisiti da valutare congiuntamente) valutate ai sensi dell’art 133 primo comma l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale.

Al secondo comma dell’articolo 131 bis c.p. sono previste le cause di esclusione dell’istituto in esame, essendo espressamente previsto che l’offesa non può essere considerata di particolare tenuità quando:
  • l’autore ha agito per motivi abietti o futili o con crudeltà anche in danno di animali,
  • ha adoperato sevizie o, ancora,
  • ha approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

Al terzo comma del citato articolo è poi previsto che il comportamento può definirsi abituale quando l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Da un punto di vista squisitamente procedurale all’articolo 2 del Decreto è previsto l’inserimento del comma 1 bis dell’articolo 411 c.p.p. che espressamente prevede che:
se l’archiviazione è richiesta per particolare tenuità del fatto, il pubblico ministero deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini ed alla persona offesa, precisando che nel termine di dieci giorni, possono prendere visione degli atti e presentare opposizione in cui indicare, a pena di inammissibilità, le ragioni del dissenso rispetto alla richiesta. Il giudice se l’opposizione non è inammissibile dopo aver sentito le parti procede ai sensi dell’articolo 409 comma 2 ovvero fissando udienza in camera di consiglio dove le parti potranno interloquire sul punto. Se invece accoglie la richiesta emette decreto motivato.

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Aspetti procedurali, la notifica alla persona offesa come strumento fondamentale per il diritto di difesa nei crimini contro gli animali
L’articolo 131-bis ‘esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto’ prevede quindi l’esclusione della punibilità mediante il nuovo istituto della ‘particolare tenuità del fatto’.
E’ quindi molto importante analizzare, al fine di non creare pericolosi vuoti di tutela o illegittime depenalizzazioni occulte, quando è possibile applicare tale applicazione e quando invece una richiesta in tal senso da parte della Procura andrebbe valutata come inammissibile.

In base al dettato della norma, sono quattro i requisiti, congiuntamente previsti, che la Procura deve valutare nell’applicazione dell’istituto, che evidentemente devono emergere dal merito dell’archiviazione come notificata alla persona sottoposta alle indagini ed alla persona offesa (in base al dettato del nuovo articolo 411 comma 1 bis c.p.p.). Pertanto la persona offesa (da leggere in senso lato anche come Associazione con fini statutari lesi dalle condotte criminose, nel caso specifico associazioni di protezione animale ai sensi dell’articolo19 quater disp. coord. trans c.p. nonché associazioni di protezione ambientali) ha tutto il potere, essendo la notifica ad essa obbligatoria, di contestare nel merito, come si legge nella relazione al Decreto Legislativo, tale istanza, argomentando davanti al GIP ai sensi dell’articolo 409 secondo comma c.p.

Quid juris nel caso in cui si proceda d’ufficio in materia di crimini ambientali o contro gli animali e non siano presenti sin dal principio associazioni quali parti lese (dato assai frequente)? Giova ricordare come, analizzando la normativa di cui si discute, la legge 189 del 2004 ha introdotto specifiche ipotesi delittuose che hanno come bene giuridico il ‘sentimento di pietà per gli animali’ (capo IX bis del codice penale) ma anche indirettamente l’animale in se e per se, e che sanzionano con la reclusione sino a due anni condotte che portano all’uccisione (articolo 544 bis c.p.) e maltrattamento (articolo 544 ter c.p.). All’articolo 544 sexies c.p. è poi previsto uno strumento processuale fondamentale per garantire la concreta applicazione della norma e la ratio ad essa sottesa ovvero la tutela giuridica degli animali, che è la confisca obbligatoria degli animali (articolo 544 sexies c.p.), ovvero la sottrazione, garantita anche in fase di indagini preliminari mediante lo strumento del sequestro preventivo di cui all’articolo 321 c.p.p., della vittima del reato ovvero dell’animale all’autore della condotta criminosa. L’articolo 19-quater (Affidamento degli animali sequestrati o confiscati) delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale prevede poi che gli animali vittime di reato sono affidati in custodia ad Enti con specifici poteri processuali, ovvero quelli individuati dall’articolo 7 della legge 189 del 2004 (Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni) che a sua volta prevede specifici poteri processuali statuendo che ‘Ai sensi dell'articolo 91 del codice di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge’. La partecipazione degli Enti in questione, che evidentemente surroga la capacità processuale della reale vittima del reato (animale) che non ha logicamente il potere processuale di farsi rappresentare direttamente, è del tutto eventuale ovvero avviene nei casi in cui tali Enti sono messi a conoscenza di tali procedimenti o hanno di per se avviato le indagini con propria denuncia.

Si ritiene che, essendo sempre individuabile la persona offesa in materia di reati contro gli animali in base ai decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art 7 della legge 189 del 2004 ed articolo 19 quater disp. coord. trans. c.p la Procura abbia l’onere di notificare sempre e comunque ad un Ente che persegue ‘finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge (articolo 7 legge 189 del 2004) tale richiesta di archiviazione, pena una gravissima compromissione del diritto di difesa. Il sacrificio della persona offesa che vede negato il diritto al processo ha delle gravissime ripercussioni in termini processuali considerato che il piano su cui si procede, quello penale è l’unico deputato a garantire la reale tutela degli animali coinvolti mediante il meccanismo di cui all’articolo 544 sexies c.p. della confisca obbligatoria degli animali e la conseguente loro sottrazione all’autore della condotta criminosa, che sarebbe del tutto frustrata. Il ristoro civilistico rispetto alla tutela degli animali non è assolutamente in grado di bilanciare il sacrificio della chiusura di un processo penale giacchè la ratio della norma, ovvero garantirne la loro incolumità e tutela sarebbe del tutto compromessa, a nulla valendo il risarcimento in sede civile delle associazioni di cui al 19 quater disp coord. Trans. c.p.p. che infatti operano prettamente in ambito penalistico a supporto della pubblica accusa

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La tenuità del fatto e i crimini contro gli animali, un applicazione del tutto residuale.

Non pare superflua una breve ricognizione delle norme cogenti a tutela degli animali, ai fini di inquadramento dell’istituto in esame nella più generale cornice normativa di riferimento di protezione degli animali e permettere quindi un’interpretazione sistematica delle norme in commento agli operatori del settore, in primis magistratura, che dovrà applicare l’istituto in esame.

In ambito comunitario, l’articolo 13 del Trattato Europeo (TFUE) dispone testualmente che “Nella formulazione e nella attuazione delle politiche della Unione nei settori della agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale”. Il principio di garanzia della tutela degli animali quali esseri senzienti ed a contrario il divieto di lederne la vita o la salute costituisce dunque un principio generale del diritto comunitario in quanto inserito nel titolo II del TFUE (Disposizioni di applicazione generale). Ciò comporta che, nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione Europea e nella legislazione (e sua applicazione) relativa degli Stati membri, il principio di cui all’articolo 13 funge da parametro positivo nella politica giudiziaria, in quanto l’articolo 13 prescrive che l’Unione e gli stati membri tengano (cioè debbano obbligatoriamente tenere) pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto essere senzienti. La tutela giuridica degli animali e del loro benessere ci è quindi imposta dal legislatore comunitario, ma vi è di più.
Per quanto riguarda le specie animali protette la Direttiva 2009/147/CE, la Direttiva 92/43/CE ed il Regolamento (CE) n.338/97 impongono specifiche misure di protezione di animali la cui tutela penale è disciplinata dalla legge 150 del 1992 e dalla legge 157 del 1992, tutela rafforzata sempre in ambito penale dalla Direttiva 2008/99/CE che all’articolo 3 lettere g ed h espressamente impone agli Stati membri che “Ciascuno Stato membro si adopera affinché le seguenti attività, qualora siano illecite e poste in essere intenzionalmente o quanto meno per grave negligenza, costituiscano reati” indicando tra le varie fattispecie f) luccisione, la distruzione, il possesso o il prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette (…) g) il commercio di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche, protette o di parti di esse o di prodotti derivati (…). Pertanto una specifica direttiva impone agli Stati membri di dare adeguata tutela penale alle specie protette, mentre per quanto riguarda gli animali ‘da compagnia’ il 27 ottobre 2010 è stata approvata la Legge di ratifica ed esecuzione della Convezione europea per la protezione degli animali da compagnia, stipulata a Strasburgo il 13 novembre 1987 (legge n 201 del 2010), che espressamente impone la tutela del benessere e dell’integrità psicofisica dei cosiddetti animali d’affezione, mentre norma generale a tutela della vita e dell’incolumità fisica degli animali è la legge 189 del 2004 che introduce a corredo specifiche ipotesi criminose contro gli animali, attuate non solo ‘per crudeltà’, ma anche più semplicemente ‘senza necessità’ ovvero con dolo generico e generalmente per motivi economici e gestionali legati alle attività commerciali con animali. In tali casi, migliaia di animali subiscono ‘senza necessità’ lesioni e compromissioni, spesso irreversibili della loro salute, ma le condotte non sono compiute ‘per motivi abietti o futili’ e dunque ipoteticamente potrebbero ricadere nell’istituto in esame della tenuità del fatto. Nel caso di tali reati che intervengono a garantire l’incolumità della vita o della salute del singolo animale (dunque ‘beni superiori’ e non negoziabili, se non nel caso della ‘mancanza di necessità’ già prevista dalle norme in esame) appare evidente come il concetto di danno sia da ritenersi in se stesso grave. Appare di tutta evidenza che ‘cagionare la morte’ di un animale, reato di cui all’articolo 544 bis c.p. non possa mai essere ritenuto un fatto irrilevante di per se, essendo la vita dell’animale, oggetto di tutela penale, irrimediabilmente compromessa, ancor di più se specie protetta ai sensi della direttiva penale poc’anzi citata, a nulla valendo eventuali profili civilistici di ristoro inattivabili in tal senso dalla vittima del reato. Anche in relazione al requisito dell’occasionalità della condotta appare di tutta evidenza come quest’ultima non possa incidere sul reato di uccisione di specie protetta o di uccisione generale facendone derivare l’irrilevanza del fatto, giacchè si ritiene evidente che l’uccisione di un singolo animale sia di per se un danno grave ed irreparabile al di là dell’occasionalità della condotta.
Soltanto ipoteticamente, perché ad un attento esame dei requisiti previsti dalla norma evidentemente non è così, ed emerge anzi il contrario, ovvero che in materia di crimini contro gli animali tale istituto possa essere ritenuto del tutto residuale.
In materia di crimini contro gli animali, così come per tutti i reati previsti dalla norma, la valutazione della Procura sulla ‘tenuità del fatto’ da cui discende la relativa richiesta di archiviazione citata, che lo si ripete, può essere contestata nel merito sia da indagato che da persona offesa, deve quindi tenere in considerazione, alla luce di quanto sopra esposto di : le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, requisiti che congiuntamente debbono portare ad una valutazione di ‘offesa di particolare tenuità’ associata alla qualificazione del comportamento del soggetto agente quale ‘non abituale’.

Quattro quindi le valutazioni di merito e tecniche assegnate alla Procura su cui evidentemente non può tralasciarsi quanto dedotto in termini di protezione del bene giuridico vita ed integrità psicofisica dell’animale.

In primis, non può sottacersi che la valutazione dell’esiguità del danno o pericolo, in caso di uccisione di animale (ancor più se protetto) possa ritenersi del tutto pleonastica, essendo la vita dell’animale bene indisponibile se non per determinati motivi previsti dalla legge, motivo per cui l’uccisione non necessitata comporterà sempre un danno irreversibile nei confronti del bene giuridico tutelato, ovvero l’animale ed il sentimento di pietà che per esso si nutre (capo IX bis c.p.) che non potrà evidentemente mai considerarsi ‘danno esigue’. Analogamente per ciò che concerne condotte lesive della salute e dell’integrità psicofisica dell’animale il danno potrà molto difficilmente essere ritenuto ‘esigue’ considerato che andrebbe ad incidere su di un valore primario quale è la salute dell’animale.

Le modalità della condotta che congiuntamente ad una prima valutazione di ‘esiguità del danno’ dovranno poi essere associate da parte della Procura ad una seconda analisi, relativa alla valutazione dell’offesa’ di particolare tenuità’ associata alla qualificazione del comportamento del soggetto agente quale ‘non abituale’. A tal proposito si rileva come per comportamento abituale il legislatore abbia voluto dare un’interpretazione estensiva, ricomprendendo tutte quelle condotte che, al di la dell’abitualità pura che prevede la reiterazione di più condotte identiche o omogenee, abbiano ad oggetto condotte anche plurime e reiterate, ricomprendo così anche il reato continuato di cui all’articolo 81 c.p. inteso quale violazione in esecuzione del medesimo disegno criminoso anche di diverse disposizioni incriminatrici, dato assai frequente nei crimini contro gli animali per motivi ‘gestionali’ ed economici nell’ambito di attività commerciali dove le condotte sono plurime e reiterate nel tempo, in particolare nel delitto di maltrattamento.

Infine va sottolineato che questa innovazione normativa impone una nuova logica di redazione delle CNR, le comunicazioni di notizie di reato, da parte della Polizia giudiziaria di reati in esame. Non vi è dubbio, infatti, che il Pubblico Ministero in primo luogo e successivamente ed eventualmente il Giudice possono acquisire elementi di valutazione sui dati che abbiamo sopra esaminato in prima fase esclusivamente sulla base della informativa che la Polizia giudiziaria in via iniziale ha inviato al Pubblico Ministero. Dunque, a nostro modesto avviso, la struttura della CNR per i reati in questione deve vedere una evoluzione in sintonia con il dettato della nuova norma, e pertanto sarà necessario che ciascun organo di polizia giudiziaria esponga nei dettagli ed in modo chiaro tutti i dati che saranno necessari ai magistrati successivamente per operare una valutazione in ordine alle circostanze fin qui esaminate tutti in condizione di decidere sulla esistenza o meno della ‘particolare tenuità del fatto’. Il che conferma indirettamente la nostra teoria storica in base alla quale le comunicazioni di notizie di reato non possono essere asettiche e strettamente oggettive, ma devono comunque in qualche modo illustrare nei dettagli tutti gli aspetti sia oggettivi ma anche e – soprattutto - soggettivi comportamentali inerenti il caso di specie. Si aprono, dunque, nuovi scenari e nuove linee evolutive anche in questa delicata fase primaria.

Maurizio Santoloci e Carla Campanaro