In università con il cane sotto la scrivania. Ma solo con il patentino in tasca che certifica di saperlo gestire. Solo se non è pericoloso, se è pulito, spazzolato, assicurato. "E in caso di allontanamento dall'ufficio, il proprietario è tenuto a chiudere la porta a chiave". È l'accordo interno sottoscritto nella sede di Lodi dell'università Statale, che dopo due anni di sperimentazione apre ufficialmente le porte agli amici quadrupedi di professori, ricercatori, bibliotecari e tecnici, secondo un regolamento preciso.
"Esiste una sempre maggiore sensibilità riguardo alla possibilità di portare i propri cani con sé al lavoro e in Italia ci si sta organizzando a tal proposito", spiega Mauro di Giancamillo, direttore del dipartimento di Medicina veterinaria e Scienze animali. Nell'ateneo si è mossa la facoltà, ed è una delle prime in Italia a farlo, che con gli animali ci lavora ogni giorno. Da un lato c'è la scelta di andare incontro alle necessità di tutti coloro che hanno un cane e "vogliono condividere più tempo possibile con lui". Dall'altro, la volontà di tutelare chi invece preferirebbe non ritrovarselo come vicino di scrivania.
Ecco quindi i paletti, come l'iscrizione all'anagrafe degli animali d'affezione, la stipula di un'assicurazione per danni contro terzi, un certificato di buona salute dell'animale oltre alla frequenza di un corso per il padrone, organizzato dall'università stessa, per una corretta gestione ed educazione del proprio cane. Per avere il via libera, quest'ultimo non deve avere malattie trasmissibili, "non deve mostrare aggressività verso le persone e gli altri animali" e "non dovrà disturbare in alcun modo il lavoro degli altri dipendenti". È ammesso negli uffici singoli e in quelli in condivisione. A patto però che i colleghi diano proprio benestare.
In questi due anni di sperimentazione di cani se ne sono già visti una quarantina
In tutti i casi, la presenza canina va segnalata con apposito cartello fuori dalla porta. E in questi due anni di sperimentazione se ne sono già visti una quarantina: negli studi di professori e ricercatori, negli uffici del personale universitario, sono spuntati bassotti e golden retriever, setter e jack russell, lagotti, barboncini e incroci di ogni tipo. Ma chi immagina di vederli scorazzare per l'università si sbaglia: altri ambienti come le aule, la mensa, i laboratori restano off limits.
"Non abbiamo avuto problemi di convivenza", assicura Clara Palestrini, docente di Medicina Veterinaria, una delle promotrici dell'accordo insieme al collega Gustavo Gandini. Sono loro a decidere se accogliere o meno ogni singola richiesta, insieme al direttore del dipartimento. Una possibilità concessa invece agli studenti solo in caso di disabilità. "O per situazioni occasionali specifiche legate alla difficoltà di gestione dell'animale". E Di Giancamillo conclude: "Abbiamo pensato di rendere questa iniziativa costruttiva dal punto di vista educativo e formativo, per rappresentare un esempio di corretta convivenza, formazione, innovazione, rispetto delle regole, del benessere e della sensibilità di uomini e animali".