Il Campo Antibracconaggio sullo Stretto di Messina, che rappresenta la rotta primaverile più importante per moltissimi uccelli, ha compiuto 40 anni. Un centro, fra i primi in Italia a contrastare la caccia e l’uccisione di volatili migratori, e allo stesso tempo tra i più longevi, nato grazie alla passione e al coraggio di Anna Giordano, una siciliana appassionata di animali che già a 10 anni girava per mercati e negozi di animali acquistando cardellini e altri piccoli uccelli in gabbia, per poi restituirli alla libertà. È la storia di una mobilitazione di successo che, dopo tanti sforzi, può dichiarare vittoria pur senza abbassare la guardia: «Nel 1984 contammo 3.198 rapaci contro ed udimmo 1.187 spari. Nel 1990 erano stati avvistati 12.303 rapaci e avvertiti 269 spari. E nel 2022, 52.289 rapaci e zero spari». Numeri che dimostrano, tra l’altro, che alla diminuzione del bracconaggio è corrisposto un aumento degli uccelli di passaggio.
Fu proprio Anna Giordano a scoprire che sullo Stretto di Messina passavano ogni primavera migliaia di rapaci in migrazione, la cui sopravvivenza era però minacciata da decine di bracconieri che si nascondevano in bunker di cemento per compiere vere e proprie stragi. Questo nonostante si trattasse di uccelli non cacciabili – e la stagione della caccia, tra l’altro, fosse chiusa. Un atteggiamento – considerato per anni parte della tradizionale locale – fortunatamente mutato grazie all’impegno di decine di volontari e associazioni.