“Una sola parola: vergogna”. E’ questo il commento più diffuso sui Social in merito alla notizia dell’avvelenamento di 3-4 avvenuto qualche giorno addietro ad Albidona. Non si tratta, pare, di cani randagi ma di amici a 4 zampe che erano soliti gironzolare nei pressi dell’abitazione dei proprietari e che, forse, disturbavano un po’ la quiete nel corso della notte. Solo per questo motivo questi poveri animali sono stati… condannati a morte mediante l’uso delle famigerate polpette avvelenate. Certo, i cani e i gatti, così come altri animali domestici, vanno tenuti nel rispetto delle regole della convivenza civile e nel rispetto delle leggi che tutelano le norme igienico-sanitarie e la sicurezza pubblica e quindi devono avere il microchip, devono essere sottoposti ai periodici trattamenti veterinari e non devono, ovviamente, molestare o aggredire le persone e soprattutto i bambini, ma a nessuno è consentito, per gli amici più fedeli dell’uomo, adottare impunemente la pena di morte che, peraltro, oggi si configura come un vero e proprio reato sancito dall'art. 544-Bis del Codice Penale ai sensi del quale: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni». Certo, il vile gesto compiuto da una persona, o da poche persone, non deve confondersi con la civiltà e l’alto grado di tolleranza della totalità degli albidonesi notoriamente riconosciute come persone rispettose e tolleranti, ma certo non depone bene per chi, per qualsiasi ragione, si sia reso protagonista di una simile…impresa. «Quando muore un uomo, il mondo può perdere oppure no, perchè può essere che sparisca un imbecille o un tiranno. Quando muore un cane, il mondo perde sempre perché scompare la nobiltà, la lealtà e l’amicizia sincera che lega il cane al proprio padrone». E la pensa così la maggioranza degli albidonesi, tant’è vero che la notizia circolata sul web ha suscitato unanime condanna: «Chi li ha avvelenati, di sicuro non è un uomo perché si vede che non ha rispetto per la vita». «La colpa non è dei poveri animali ma semmai dei loro “padroni” che li lasciano liberi e incustoditi». Questi i commenti più gettonati sul web insieme a parole come ignoranza, cattiveria e soprattutto vergogna, che la dicono lunga sulla presa di distanza della comunità rispetto a fatti deplorevoli come questi.