Arrivano sei arresti per il caso dei cuccioli spacciati come “di razza”, promossi tramite vip inconsapevoli, da Federica Pellegrini a Francesco Totti, e venduti in Italia a prezzi da pedigree, superando anche i 3000 euro ciascuno. Si trattava però di esemplari importati in maniera illecita, dalle sembianze simili a quelle del bulldog francese, ma in realtà privi di alcun valore commerciale. Il business è andato avanti per anni, fino al sequestro del sito “I cuccioli di Carlotta”, e all'apertura di un'indagine sui due principali rappresentanti dell'attività, un 39enne romano e la convivente coetanea slovacca.Dopo anni di indagini, è stato emesso un ordine di cattura nei confronti di sei persone, accusate di associazione a delinquere a carattere transnazionale finalizzata al traffico illecito dei piccoli quadrupedi, oltre alla frode in commercio. Insieme ai due iniziali indagati, la Procura ravennate ha individuato come parte dell'organizzazione criminale altre tre persone di origine partenopea e un ulteriore italiano residente all'estero. L'inchiesta condotta dal raggruppamento Carabinieri Cites - Soarda, nucleo carabinieri forestali e squadra mobile della Polizia di Ravenna, prese il via verso la fine del 2018, quando a Cervia andò a segno la prima di una lunga serie di vendite contestate nelle circa 400 pagine di ordinanza.L'associazione promuoveva la vendita della cosiddetta «variante esotica», razza inesistente e caratterizzata da manto grigio, blu, lillà, colorazioni che non sono contemplate dagli standard di razza fissati dalla Federazione Cinologica Internazionale. Li avrebbero importati illegalmente da un allevamento in Slovacchia, e sempre nel Paese dell'Est Europa, in località Nitra, avevano registrato la sede legale della società “I cuccioli di Carlotta”.I cani non avevano alcun pedigree ufficiale del Paese d'origine né dell'Ente nazionale Cinofilia Italiana, l'unico abilitato per legge a emettere i certificati. Gli indagati avrebbero anche creato un'associazione fittizia che si spacciava come parallela all'Ente ufficiale, parte di un'altra realtà associativa inesistente chiamata “Kennel Club Wdf”, ricondotta a una famiglia partenopea. Tutto parte di un articolato e ben costruito inganno commerciale che assicurava tra l'altro garanzie sulla possibilità di partecipare a manifestazioni cinofile internazionali. Altro aspetto considerato nell'inchiesta riguarda le condizioni dei cuccioli e i rischi sanitari: gli esemplari venivano trasportati in modalità non idonee, sottratti anzitempo e con possibili danni alla loro salute.