giovedì 30 luglio 2015

GREEN HILL. INCHIESTA BIS. 2 A GIUDIZIO

Green Hill, non è ancora finita. Dopo le condanne di gennaio inflitte in primo grado ai vertici dell’allevamento di Montichiari dei beagle destinati alla sperimentazione (un anno e mezzo all’amministratrice Ghislane Rondot e al veterinario Renzo Graziosi, un anno al direttore Roberto Bravi) la procura ha notificato la chiusura indagini per altre cinque persone su cui pendono vecchie e nuove accuse. Si tratta di due veterinari e tre dipendenti della società. 
Le accuse: maltrattamento e uccisione di animali
Devono rispondere di maltrattamento e uccisione di animali i due veterinari dell’Asl (distretto di Lonato) responsabili dei controlli dentro Green Hill. Ma Roberto Silini e la collega Chiara Giachini sono accusati anche di falso ideologico in atto pubblico e omessa denuncia. Non solo: la dottoressa Giachini è iscritta nel registro degli indagati anche per falsa testimonianza durante il processo penale («falsamente dichiarava che l’allevamento aveva tutte le dotazioni necessarie alla corretta assistenza zooiatrica dei circa 3mila animali detenuti», così come avrebbe mentito sull’idoneità della struttura e le procedure) e rivelazione dei segreti d’ufficio: «Violando i doveri connessi alla sua funzione, informava la dirigenza di Green Hill 2001 srl e il veterinario dell’allevamento, Renzo Graziosi, che la struttura avrebbe ricevuto l’ispezione del consigliere regionale Giorgio Puricelli», l’11 luglio 2012. 
Entrambi i veterinari, per il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani, avrebbero «sistematicamente omesso di effettuare i controlli previsti, nonché informato in anticipo alla Green Hill tutte le ispezioni programmate dall’Asl di Brescia, dalle autorità sanitarie regionali e dal ministero della Salute». Inoltre non avrebbero impedito che Rondot, Bravi e Graziosi «con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, senza necessità, privando i 2.369 cani di tutte le attività vitali e insopprimibili di ogni specie, li sottoponessero a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche»: tra gli altri, temperatura, frastuono, luci artificiali, spazi, mancanza di aree di sgambamento, anestesie gassose senza sedazione, nessuna cura o accorgimento igienicosanitario in caso di dermatiti («da cui derivavano uccisioni di animali privi di utilità economica»). Con l’aggravante della morte di 104 beagle. E non avrebbero nemmeno impedito 44 eutanasie di cani non più commerciabili. Ma di tutto questo, nei loro verbali, non ci sarebbe stata traccia (da qui l’accusa di falso) nè tantomeno denuncia. Nei guai per falsa testimonianza sono finiti anche tre dipendenti della Green Hill: Cinzia Vitiello, Antonio Tabarelli e Antonio Tortelli. Per l’accusa durante il processo di primo grado non avrebbero riferito il vero sulle reali condizioni dell’allevamento. Avrebbero mentito sulle «feste» dei beagle agli operatori una volta aperti i box, sulle eutanasie praticate solo in casi limite «per evitare agonie» ai cani, sulle ispezioni a sorpresa o sul fatto che nessun esemplare sarebbe morto, tantomeno sarebbe stato soppresso, a causa della rogna. Avrebbero raccontato il falso, in aula, sui «giochi» introdotti in ogni gabbia e sull’attenzione dell’azienda al loro deterioramento, sulle riunioni della dirigenza «finalizzate a trovare modi sempre nuovi per aumentare il benessere dei cani» così come sulle condizioni della segatura. Per la procura è tutto falso. 
I difensori hanno depositato un ricorso che conta una novantina di pagine
La data del processo in appello per la prima fase dell’inchiesta, intanto, non è ancora stata fissata. I difensori dei vertici della multinazionale - gli avvocati Luigi Frattini ed Enzo Bosio - hanno depositato un ricorso che conta una novantina di pagine in cui contestano in punta di diritto e di fatto la sentenza pronunciata dal giudice Roberto Gurini il 23 gennaio scorso. È «fondata sull’erronea applicazione delle norme e sul travisamento dei fatti e delle prove» sostengono i legali. Che oltre all’assoluzione per maltrattamento e uccisione di animali chiedono la revoca della confisca degli oltre 2mila beagle (tra cuccioli e fattrici) già adottati ufficialmente da altrettante famiglie. Animali che peraltro non sarebbero più «idonei» ad alcun tipo di sperimentazione. La difesa solleva anche una questione di legittimità costituzionale: l’articolo 544 bis del codice penale violerebbe l’articolo 3 della Costituzione, prevedendo, «senza alcuna giustificazione una pena maggiore per un fatto meno grave della pena prevista per fatti più gravi». Non solo. I legali ribadiscono «la corretta gestione» di Green Hill, le condizioni «legittime» dei cani e gli esiti «favorevoli» delle tantissime ispezioni. Non è ancora finita.