giovedì 14 novembre 2019

SCOPERTO TRAFFICO DI CANI RANDAGI DALLA SICILIA AL VENETO

Giugno 2018: un camion con 41 cuccioli a bordo, tutti senza microchip, viene fermato sulla A13 dalla polizia stradale. Era partito da Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, per arrivare a Padova, senza alcuna autorizzazione. Ottobre 2019: a Corigliano-Rossano, in provincia di Cosenza, viene sequestrato un canile irregolare che avviava staffette e maltrattava gli animali, 9 indagati.
L’affidamento dei cani è un vero e proprio business irregolare nel sud dell’Italia, attorno al quale girano parecchi milioni di euro. Anche se a volte qualcosa va storto e succede l’imponderabile. Come accadde a Sciacca, nell’agrigentino, dove tra il 17 e il 18 febbraio del 2018, più di trenta cuccioli vennero avvelenati in contrada Muciare, tra le campagne della cittadina.
In quel caso tutti si concentrarono sugli autori di un gesto orrendo, poi mai trovati, ma quella manifestazione in piazza, con centinaia di animalisti poi scesi a protestare con striscioni in mano nasconde altro. Mentre lacrime e grida delle persone con stendardi in piazza portano il caso all’attenzione nazionale, dall’altra parte c’è chi si chiede perché quei cani si trovavano in quel luogo, dove sono stati avvelenati. 27 randagi infatti non rappresentano un gruppo sparuto, ma un nutrito branco di cani che non doveva stare in quel posto.
A spiegare la vicenda a TPI, in tutti i suoi dettagli, è Antonio Izzo, direttore del servizio Igiene degli allevamenti dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Agrigento: “C’è chi si fa chiamare animalista senza avere le condizioni per mantenere i cani”, dice. “Bisogna essere iscritti a un registro e avere tutte le carte in regola, cosa che ad Agrigento hanno in pochi”.
Non aveva le carte in regole, ad esempio, la proprietaria di tutti quei cani, la quale, come ogni altro, doveva essere autorizzata dall’Asp per accogliere più di dieci animali. Anzi, già in passato, la stessa donna, sedicente animalista, aveva ricevuto segnalazioni da parte dell’Azienda sanitaria provinciale per le situazioni igienico sanitarie non a norma nelle quali i cuccioli vivevano.
Alla sua richiesta di poter avere più di dieci cani, avanzata al Comune e all’Asp, l’Azienda sanitaria aveva risposto così: “Il richiedente è stato già sanzionato più volte per detenzione di cani in cattivo stato igienico sanitario, detenzione di cani non identificati, mancata custodia di cani lasciati liberi di accoppiarsi sul territorio comunale, occupazione arbitraria di terreni per canili abusivi”.