lunedì 1 ottobre 2018

IL FIUTO DEI CANI PER SALVARE I LUPI DAL VELENO

Si chiamano Alma e Loba, un labrador ed un pastore tedesco, e sono i due protagonisti della lotta ai veleni che si combatte nei boschi dell’Appennino settentrionale. Con il supporto di due conduttori, agenti dei Carabinieri-Forestali altamente qualificati, ogni giorno perlustrano il territorio per assicurarsi che temibili (quanto illegali) bocconi avvelenati non mietano vittime tra i loro parenti più prossimi, i lupi, che ormai da 30 anni hanno spontaneamente ricolonizzato le foreste di quest’angolo di Appennino durante l’espansione verso nord iniziata negli anni ’70.
Con un’azione virtuosa nata grazie al progetto europeo LIFE MIRCO-lupo, che vede collaborare due Parchi Nazionali (oltre al Parco Appennino Tosco-Emiliano, il Gran Sasso e Monti della Laga), Carabinieri-Forestale e altri partner, è stato infatti da poco istituito uno degli 11 Nuclei Cinofili Antiveleno che operano nel nostro Paese per combattere la piaga del veleno.
E proprio in questi giorni questa battaglia ha visto realizzarsi un altro passo importante, reso possibile grazie al supporto del WWF Italia, con l’inaugurazione presso la sede del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano (a Ligonchio, provincia di Reggio Emilia) di una vera e propria “casa degli sniffer dogs” (così sono comunemente chiamati in inglese), in cui Alma e Loba verranno ospitate durante le operazioni di pattugliamento in zona. Oltre ai cani antiveleno la struttura potrà ospitare anche possibili ibridi in attesa delle verifiche genetiche e cani vaganti in attesa di adozione.
La realizzazione della casetta dei cani, interamente in legno, è stata possibile grazie ai fondi di due progetti LIFE, e la generosità dei cittadini che hanno sostenuto nel 2017 l’SMS solidale SOS LUPO del WWF, a cui si è aggiunto anche un generoso donatore.
Simbolo della natura incontaminata, il lupo (Canis lupus) in Italia si sta faticosamente allontanando dal baratro dell’estinzione, sfiorata a cavallo degli anni ’70, recuperando chilometro dopo chilometro gran parte del suo areale originario grazie alla maggiore disponibilità di foreste, di prede naturali e alla protezione legale, arrivando oggi a contare quasi 2.000 individui.
Tuttavia il retaggio di ‘animale nocivo’ rimane ancora nella mentalità di molte persone in alcuni contesti rurali, soprattutto laddove il ritorno del lupo dopo decenni di assenza ha fatto ‘dimenticare’ le buone pratiche tradizionalmente impiegate per limitare i danni al bestiame (recinzioni, cani da guardiania). Oggi le prede domestiche rappresentano una minima parte della dieta del lupo, eppure sono almeno 300 ogni anno gli esemplari uccisi con ogni mezzo per mano dell’uomo (in larga parte investimenti stradali), di cui una porzione significativa da parte di bracconieri senza scrupoli: veleni, armi da fuoco e tagliole sono tra i mezzi più utilizzati.
E a farne le spese non sono solo i lupi, ma anche decine di altre specie ancor più rare come orsi e rapaci. Le sostanze utilizzate per avvelenare sono facilmente reperibili perché usate in agricoltura, in orti e giardini (es. pesticidi, lumachicidi), per la disinfestazione (es. rodenticidi) e altro ancora. Altre sostanze, come la stricnina, non sono reperibili sul mercato, ma attraverso vie illegali.
Bocconi avvelenati destinati ai predatori possono essere confezionati in vario modo: polpette, pezzi di carne, uova e altri residui di alimenti, carcasse di animali. Gli alimenti avvelenati vengono disseminati nei boschi (per eliminare i predatori oppure i cani da tartufo di raccoglitori concorrenti), nei pascoli, vicino agli allevamenti di animali da cortile, attorno a campi coltivati, nelle zone dove avviene il ripopolamento di animali destinati alla caccia, ma anche le aree verdi urbane sono luoghi a rischio. Grazie alle straordinarie capacità di fiuto dei cani antiveleno come Alma e Loba, e al lavoro di addestramento dei loro conduttori, i bocconi avvelenati possono così essere scovati ed eliminati.