LOMBARDIA ED EMILIA LE
“REGINE” DELLA VIVISEZIONE
Milano
(14 novembre 2013) – Sono la Lombardia e l'Emilia Romagna le
regioni ad avere il discutibile titolo di “regine della
vivisezione”in Italia. Infatti secondo gli ultimi dati disponibili
relativi alla vivisezione in Italia pubblicati sulla Gazzetta
Ufficiale numero 53 del 3 marzo 2010 in Lombardia esistono ben 111 siti
dove si pratica la vivisezione e la sperimentazione animale, subito
dopo viene la regione Emilia Romagna con 99 siti, a seguire Lazio
(62) e Toscana (55) a quella data solo la Valle d'Aosta e la
provincia di Bolzano (Alto Adige) non avevano strutture dove si
praticava la tortura sugli animali. I siti presi in considerazione da
questa classifica degli orrori sono: industrie chimiche, industrie
farmaceutiche, laboratori ospedalieri, università ed istituti
pubblici. Venendo ai numeri: gli animali utilizzati (torturati ed
uccisi per la vivisezione) nel periodo 2007-2009 sono stati
2.603.671 di questi le razze maggiormente utilizzate sono i topi
(1.648.314) e ratti (682.925), seguono uccelli (97.248), altri
roditori e conigli (73.362), pesci (59.881): animali largamente
impiegati a causa del loro basso costo e perché facilmente
maneggiabili. E’ in aumento il ricorso alle scimmie (con una
“preferenza” per i macachi). I primati non umani, come anche i
cani, sono utilizzati per esperimenti fortemente invasivi che
comportano alti e prolungati livelli di dolore: studi di tossicità e
indagini legate a problematiche nervose e mentali umane e cancro.
Oltre 1.500 cani, in gran parte della razza beagle, muoiono ogni anno
nei laboratori italiani e questo avviene anche con la nuova legge
sulla vivisezione e nonostante il divieto di allevare in Italia cani,
gatti e primati destinati alla vivisezione. “Vogliamo che sia
chiaro- ci dice Lorenzo Croce- che nulla è cambiato se non una
leggera diminuzione degli animali utilizzati e che la tanto
sbandierata nuova legge sulla vivisezione che ha avuto il plauso di
molti animalisti continua a mietere circa 900.000 vittime l'anno e
nemmeno una ne viene salvata dal decreto Brambilla su Green Hill che
proibisce di allevare in Italia questi animali ma non di importali,
se si voleva davvero combattere la vivisezione basta proibire
l'importazione degli animali e questa sarebbe crollata in pochissimo
tempo, invece si è voluto fare altro, sapendo che non sarebbe
cambiato nulla”.