VERBANIA – Era un fenomeno privo di spiegazione certa; continua a esserlo ed è di dimensioni più estese del previsto. Esemplari di cinghiali «radioattivi», contaminati da tracce di cesio 137 (la stessa sostanza sprigionatasi in seguito all’esplosione di Chernobyl) sono stati individuati anche nella zona montana della provincia di Verbania, in particolare in valle Vigezzo.
I PRIMI SEGNALI - Un mese fa
animali che presentavano lo stesso misterioso avvelenamento erano stati
scoperti nella vicina provincia di Vercelli. Proprio quella inattesa
novità ha indotto alla fine di marzo l’Asl di Verbania ad avviare dei
controlli su carcasse di cinghiali morte nel suo territorio di
competenza: si trattava di animali o abbattuti da cacciatori o morti in
seguito a sempre più frequenti incidenti stradali (il cinghiale è una
specie ormai infestante in molte zone dell’arco alpino). Campioni della
lingua o dei muscoli sono stati inviati per controlli specifici
all’istituto zooprofilattico di Torino e il responso, su otto casi è
stato per otto volte sorprendente e positivo: nell’organismo di quei
cinghiali è presente cesio 137 in concentrazione lievemente superiore al
consentito.
DALL'EST EUROPA - Il perché del
fenomeno, come detto, non è stato ancora spiegato con certezza: nessuno
sa dire perché la presenza dell’isotopo radioattivo si manifesti di
nuovo a quasi 30 anni dal disastro di Chernobyl e solo nei cinghiali.
Quest’ultimo è esemplare abituato a grufolare e scavare nel terreno e
forse la contaminazione è arrivata dagli strati meno superficiali delle
zone più selvatiche della montagna. Ma c’è chi avanza una seconda
spiegazione: in provincia di Verbania sono stati sequestrati di recente
allevamenti non autorizzati di cinghiali, esemplari che vengono poi
liberati a scopo venatorio. Questi ultimi potrebbero essere stati
alimentati con mangimi non controllati e proveniente dall’Est Europa. In
attesa di individuare la vera provenienza del cesio le autorità
sanitarie piemontesi stanno pensando di estendere i controlli sulla
radioattività anche su altri prodotti locali che finiscono nella catena
alimentare, ad esempio il latte e le verdure. Una decisione sarà
adottata nelle prossime ore.
I VELENI DELLA CENTRALE - Una
possibile spiegazione della ricomparsa dei «veleni di Chernobyl» (il
reattore esplose esattamente il 26 aprile del 1985) arriva dagli esperti
del Ccr , il centro comunitario di ricerche della Ue che ha sede a
Ispra (Varese). «La ricaduta del cesio al suolo – dice Daniele
Giuffrida, ricercatore del Ccr – dipese in buona parte dalle piogge di
quei giorni. Con l’aiuto di altri istituti di ricerca e delle autorità
sanitarie abbiamo ricostruito una mappa delle precipitazioni sull’Europa
nei giorni successivi alla fuoriuscita della nube radioattiva. Guarda
caso le piogge più intense caddero nel nord del Piemonte e della
Lombardia». Secondo gli esperti, dunque, il cesio è penetrato in quei
terreni in maniera più massiccia e lì è rimasto, dal momento che ha un
tempi di dimezzamento della sua radioattività di 30 anni. Resta da
capire come mai le concentrazioni sono state riscontrate nei cinghiali e
non in altri organismi. «Il cinghiale – spiega ancora Giuffrida – si
nutre principalmente di tuberi che scova arando il terreno; tuberi che a
loro volta sono dei concentratori di radioattività. Quest’ultima la si
trova anche nel latte o nei vegetali ma in misura più bassa». Esistono
dunque pericoli per la salute dell’uomo? «Le norme sanitarie
stabiliscono un limite massimo di radioattività che ogni individuo può
assorbire senza danni. Per raggiungere tale soglia si dovrebbero però
mangiare chili e chili di carne contaminata, cosa che non avviene mai.
Detto questo il controllo sulla radioattività degli alimenti non va
allentato».
AIDAA ha chiesto al ministero della salute ulteriori controlli sia sui cinghiali vivi che su quelli abbattuti molti dei quali potrebbero essere stati consumati nelle sagre o nei ristoranti.
Inoltre nella missiva inviata al ministero della salute, AIDA chiede anche che si verifichi anche in Lombardia ed in altre regioni la possibile presenza di cinghiali contaminati e ne chiede per questo l'immediata proibizione della caccia.