Trappole per i lupi. Lacci con mezza carcassa di cervo, circondata da gamberi, come esca. Bracconaggio e uccisione di animale sono i reati contestati ad A.P.. Le indagini preliminari sono finite e il 38enne bellunese, già del Comitato bellunese cacciatori sarà a processo con rito immediato, dopo che l’avvocato difensore Antonio Prade ha presentato opposizione al decreto penale di condanna all’ammenda di alcune migliaia di euro emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Belluno.
La Procura della Repubblica aveva ritenuto provate entrambe le accuse, chiedendo e ottenendo questo provvedimento, che sarebbe stato, a tutti gli effetti, un precedente penale.
Trappole a laccio
Secondo l’accusa, l’uomo aveva preparato un sito illegale per la cattura di animali selvatici, in una zona boschiva. Per il tipo di esche utilizzate e la fattura delle trappole cosiddette a laccio, la sua intenzione era quella di uccidere grandi predatori come i lupi, che in quella zona sono stanziali.
Gli animali catturati sarebbero morti per lenta asfissia da strangolamento oppure per le lesioni agli arti intrappolati. Un lupo è stato effettivamente trovato senza vita e la Polizia provinciale ha avviato delle indagini tradizionali, accanto alle analisi scientifiche, per cercare di isolare il Dna, che era stato repertato sull’impianto di cattura.
Gli accertamenti hanno portato all’uomo, che è stato perquisito. Il campione è stato confrontato con quello prelevato nell’abitazione dell’indagato.
Il codice genetico coincideva e questo riscontro investigativo è stato decisivo per potergli contestare il reato di uccisione di animale e la violazione dell’articolo 30 della legge 157 del 1992, che punisce «chi abbatte, cattura o detiene specie di mammiferi o uccelli nei cui confronti la caccia non è consentita o fringillidi in numero superiore a cinque o per chi esercita la caccia con mezzi vietati».