Dopo la segnalazione alle guardie zoofile Enpa di Vicenza, circa tre mesi fa, della sparizione in strada Casale di tre gatti, uno dei quali tornato con una profonda ferita al collo compatibile con un laccio, gli ispettori hanno scoperto che in quella zona si stavano maltrattando anche altri animali, nello specifico, i tristemente famosi uccelli da richiamo. L'indagine si è concentrata su un cinquantenne del posto il quale deteneva una trentina di poveri animali al buio, nelle gabbiette modulari da utilizzare esclusivamente per il trasporto che non permettevano agli uccelli di aprire le ali, c’erano anche delle cesene che sono dotate di un’apertura alare di circa 40 centimetri, sacrificate dentro gabbie larghe 24, una condizione che non permette nemmeno di aprire un'ala alla volta.
La perquisizione, firmata dal sostituto procuratore Alessia Grenna, è stata effettuata dal nucleo guardie Enpa con i carabinieri di via Muggia. Durante la perquisizione sono uscite altre fattispecie di reato e pure il congelatore ha dimostrato che il cacciatore praticava il bracconaggio su specie protette. Gli uccelli sono stati sequestrati e l'uomo è stato denunciato per averli detenuti in condizioni incompatibili con la propria natura, in quanto li ha fatti vivere costantemente nelle gabbiette minuscole, per averli detenuti al buio e per aver detenuto uccelli di specie protetta non autorizzati vivi e morti.
Questa pratica sanguinaria e tribale, sicuramente anacronistica con il mondo civile, è il retaggio di una società arcaica ed è una tradizione dura a morire o anche a cambiare almeno per mitigare questa condizione terribile in cui vengono annientati questi esseri. Questi uccelli che servono per un’attività ludica, al buio per 3 mesi e mezzo l’anno e in quelle condizioni, sembrano riflettere le azioni di una mente sadica. Le sentenze della Suprema Corte di Cassazione sono univoche nel condannare questa pratica in tutte le sue forme. Si stima che solo in Veneto ci siano oltre cinquecentomila animali detenuti in queste condizioni.