IMPORTANTE SERVIZIO DI DENUNCIA SUGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI DI POLLI STASERA SU REPORT (RAI 3) LE ANTICIPAZIONI
Polli che vengono dichiarati allevati all’aperto quando provengono da allevamenti intensivi, rinchiusi nei capannoni mentre dovrebbero razzolare fuori per almeno un terzo della loro vita, e sottoposti a illuminazione artificiale forzata h24 per farli continuare a mangiare e a ingrassare, e arrivare prima al macello, produrre più carne e quindi più profitto. Ma non solo: polli che vengono nutriti con Ogm e grassi animali, nonostante l’azienda dichiari di essere Ogm-free. Farà discutere l’inchiesta in onda stasera a Report, su Rai3, “Che polli!”, a firma di Giulia Innocenzi, volto noto santoriano che sempre su reti Rai firmò anni fa il programma-inchiesta sugli allevamenti intensivi Animali come noi e che oggi è entrata nella squadra di Sigfrido Ranucci.
Nel mondo si macellano 26 miliardi di polli ogni anno, 71 milioni al giorno e, solo in Italia, ne alleviamo 500 milioni. E nonostante il fabbisogno nazionale sia ampiamente soddisfatto continuiamo ad aprire nuovi allevamenti intensivi. Continuiamo a farlo – spiega David Quammen, il giornalista e scrittore diventato famoso con Spillover per aver predetto la pandemia da coronavirus, e intervistato da Report – perché “noi che viviamo nei Paesi più ricchi mangiamo più carne del necessario e questa carne è prodotta in mega allevamenti intensivi. E se continueremo ad allevare 26 miliardi di polli su questo pianeta finiremo nei guai”. Il riferimento è al virus dell’influenza aviaria: “H5N1 è il virus più pericoloso che abbiamo ed è candidato a provocare la prossima pandemia”. Nell’ultimo anno sono stati uccisi 48 milioni di polli affetti da aviaria in Europa: un record, e l’Italia è il secondo Paese per contagi negli allevamenti.
Come e perché questa cosa ci riguarda Il pollo è l’animale più sfruttato del pianeta. Serve produrre quanti più polli perché il consumatore non si ciba di tutto l’animale, sceglie solo cosce, sovracosce e petto. Così vengono selezionati polli con petti enormi e pesanti, che stentano a stare in piedi. È il mercato che lo impone, così come impone che questi esemplari crescano in fretta, e a poco costo possibilmente. È il paradigma alla base della grande distribuzione organizzata per supermercati e ristorazione: quello magistralmente descritto da Jonathan Safran Foer nel suo Se niente importa. Ma come si concilia questo con la sotenibilità e le pratiche del biologico? L’inchiesta di Report si occupa di un marchio conosciutissimo, quello Fileni, che è uno dei gruppi più grandi in Italia nel mercato della carne di pollo (50 milioni di polli all’anno), famoso soprattutto per la linea dedicata al biologico e che ha ricevuto anche la prestigiosa certificazione B CORPche attesta elevati standard di trasparenza, responsabilità e sostenibilità. Peccato che quello che ricostruisce la rigorosa inchiesta di Report sugli allevamenti bio di Jesi Cannuccia, Falconara Marittima e Ostravetere dica altro.
Tutti gli impianti della filiera biologica dovrebbero assicurare almeno un terzo di vita all’aperto agli animali. Ma le telecamere di Report e la Lav, che ha ricevuto delle immagini filmate da più telecamere fisse posizionate per diversi giorni fuori dagli allevamenti bio Fileni in questione, non vedono mai gli uscioli aperti. Eppure i polli dovrebbero poter razzolare all’aperto, ognuno in un “parchetto” da 4 metri quadri per pollo, ma all’esterno dell’allevamento le telecamere riprendono solo calcinacci e detriti. La denuncia è chiara: ci vorrebbero molti più operai per far uscire e rientrare migliaia di polli ogni giorno. Pubblicamente Fileni dichiara che il 33% delle superfici dei propri allevamenti è bio. Su quanti siano i polli prodotti in maniera biologica, la risposta ufficiale del gruppo a Report è stata: l’11%. La trasmissione si chiede se questo significhi allora che l’89% della produzione viene da allevamenti intensivi, un dato in netto contrasto con la comunicazione di Fileni, tutta basata sul biologico. Così come un’altra informazione in contrasto con quella pubblicizzata è quella relativa ai mangimi con cui vengono allevati i polli: Fileni pubblicamente dichiara che i polli sono OGM free. Tuttavia sulle etichette del mangime attaccate al silos di un allevamento di riproduttori – e riprese dalla trasmissione – è scritto il contrario. E, ancora, quello che testimoniano le immagini raccolte da Report e quelle ricevute dalla Lav, dimostra che negli allevamenti Fileni di Monte Roberto, Ripa Bianca e Mucciolina alcune pratiche sarebbero al limite del maltrattamento animale: operai che mentre girano per il capannone uccidono i polli malati o che non crescono abbastanza, mettendo l’animale sotto i piedi o tirandogli il collo e gettandolo a terra agonizzante. Tutte pratiche non legali, come conferma l’Azienda sanitaria marchigiana addetta alla sicurezza alimentare e alla veterinaria. È un ex operaio Fileni a confidare a Report che tutti i polli devono raggiungere un’altezza standard perché altrimenti, durante la fase di macellazione, non arrivano al taglio del collo e bloccano il processo. Così come che Fileni multerebbe le società fornitrici colpevoli di mandare al macello i polli che crescono meno. È il mercato, bellezza.
FONTE. TELERADIO NEWS