E' successo di nuovo: ancora tre cani avvelenati, ma questa volta all'interno di una proprietà recintata nella zona industriale sud di porto Sant'Elpidio. Inspiegabile il motivo del gesto che è costato la vita ad una dolcissima cagnolona, mentre le altre due cagnoline sono state operate d'urgenza nella speranza che possano riprendersi.
C’è qualcuno che si diverte a spendere le sue giornate a friggere spugne, a mettere spilli dentro pezzetti di würstel, a riempire polpette di carne con veleno per topi, c'è qualcuno che vive nel piacere di provocare la morte di creature innocenti e di infliggere dolore fisico e poi psicologico a chi ama i propri amici pelosi. Quindi non solo trappole killer disseminate nei parchi cittadini e nelle strade, adesso pure all'interno di proprietà e giardini privati. Tante sono le persone che vivono con uno o più cani, per cui è aumentata l'attenzione su questi episodi di crudeltà inaudita, anche sui social il grido comune dei proprietari dei cani è diventato più aspro, provocando nei confronti di questi gesti una controreazione rabbiosa, perché oramai ci si immedesima nella persona che è stata privata del suo amico a quattro zampe, condividendo con questa odio e dolore.
Sono in tanti a chiedersi cosa accade nella mente di una persona che decide di spendere del tempo per far del male a un animale, perché con questo comportamento che ha una finalità chiaramente violenta, è davvero l'animale che si vuole colpire? O il cane diventa un tramite e chi lo fa mette in atto una sorta di vendetta trasversale? Forse l' obiettivo finale non è l'animale in quanto tale, ma il suo umano di riferimento. Oppure potrebbe trattarsi di una vendetta sociale, una sorta di rivendicazione contro la comunità o contro le istituzioni giudicate inefficienti nelle misure punitive nei confronti di chi non rispetta le leggi. Quasi che l’avvelenatore di cani diventi una sorta giustiziere che agisce per il bene della comunità, pensando di eliminare il problema alla radice non potendo colpire persone specifiche. Questi comportamenti diventano un modo per sfogare la rabbia, la frustrazione vissuta dall'individuo sicuramente psicopatologico, si ripercuote su una specie diversa da quella umana, cioè su un bersaglio più facile perché si tratta di essere viventi indifesi e purtroppo dal punto di vista legislativo questo tipo di reati spesso rimangono impuniti.
In un'epoca social come la nostra, la rete dovrebbe servire come contenimento e come strumento divulgativo, al fine di sensibilizzare una maggiore apertura alla protezione di creature indifese, senza inasprire maggiormente il divario che separa tra chi ama e chi non ama gli animali. Sicuramente chi frigge spugne, chi mette spilli nei würstel e avvelena polpette va fermato, ma purtroppo noi normale cittadini possiamo arrabbiarci, indignarci ma nei riguardi di questi atti incivili e crudeli, senza effettivamente avere delle prove, non si può fare nulla. Mettere in atto campagne di sensibilizzazione tramite il passaparola e i social potrebbe avere una forza divulgativa forte, con la speranza di arrivare anche alle istituzioni affinché anche questo fenomeno venga preso in considerazione.