La natura e gli animali che si riprendono i loro spazi. Nei giorni del lockdown con l’Italia, prima nazione europea costretta ad arginare l’epidemia di coronavirus con chiusure e restrizioni, gli unici elementi apparentemente positivi, che molto hanno fatto anche discutere sui social, riguardavano la fauna. Grazie allo studio pubblicato su Biological Conservation da un team di ricercatori dell’Università Statale di Milano, coordinato da Raoul Manenti, si scopre che gli effetti su almeno una parte della fauna sono stati meno positivi di quello che si pensava. Nell’analisi “Il buono, il brutto e il cattivo degli effetti del lockdown sulla conservazione della fauna selvatica” i ricercatori – come spiega l’ateneo – hanno combinato le osservazioni di animali in ambienti inusuali con alcuni dati di monitoraggio che è stato possibile raccogliere in accordo con le restrizioni imposte dal lockdown e con un questionario distribuito ai gestori dei parchi italiani. La diffusione di notizie e post sui social ha, in parte, compensato l’impossibilità da parte dei ricercatori di recarsi direttamente sul campo ad osservare gli animali e costituito una sorta di misura indiretta della presenza e dell’attività di alcune specie animali.