Una «collezione privata» di carcasse di animali in decomposizione (ma c’erano anche resti umani), conservati, senza autorizzazione e senza certificazioni, in freezer e confezioni di plastica, all’interno di un capannone in mezzo alla campagna, a Borgoforte. I carabinieri di Borgo Virgilio hanno scoperto una sorta di «museo degli orrori» che conteneva un migliaio di ossa e scheletri, sistemati in barattoli, scatole di cartone e congelatori. Tra questi, i militari hanno trovato anche parti di uno scheletro umano risalente all’Ottocento.La macabra scoperta è il risultato di una perquisizione che i militari hanno effettuato dopo aver notato e spento un piccolo incendio nella casa adiacente al capannone, dove due uomini, padre e figlio, stavano bruciando rifiuti e alcuni crani di cetacei. L’odore nauseante che usciva dal capannone ha allertato i militari, che sono entrati scoprendo il «museo». I carabinieri hanno denunciato i due per i reati di deposito incontrollato di rifiuti, uso illegittimo di cadavere, plurimi delitti nei confronti di animali domestici e selvatici, in parte classificati in base alla convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie a rischio di estinzione.Il più giovane dei denunciati è un docente universitario mantovano di Scienze biologiche e Zoologia, residente in un’altra provincia, che vanta centinaia di pubblicazioni accademiche a livello internazionale e insegna in un ateneo fuori dalla Lombardia. I militari hanno trovato diverse centinaia di reperti che sono stati catalogati con l’aiuto dei carabinieri forestali e del nucleo del Cites, reparto specializzato nel monitoraggio del commercio nazionale e internazionale di animali a rischio di estinzione. I resti, in parte etichettati, erano chiusi in freezer, scatole, cassette, barattoli e provette contenenti carcasse di animali come pelli di lupo, ossa di balena e un cranio di giraffa.Nel capannone sono stati scoperti pipistrelli, tartarughe, topi, lepri, falchi e cormorani, conservati interi. Altri animali, come pesci e serpenti, erano stati sezionati e riposti all’interno di confezioni di vetro e plastica e poi congelati. Alcune carcasse erano avvolte in buste di cellophane riposte all’interno di cartoni, appoggiati a loro volta su teli di plastica per raccogliere i liquidi biologici degli animali in decomposizione.