La vicenda
Tutto inizia cinque anni fa, quando un cagnolino di razza Pinscher esce per il suo consueto giro tra le campagne vicino a Binasco, nel Sud Milano, e non fa ritorno a casa. Il padrone, un agricoltore di 65 anni, ne denuncia subito la scomparsa e per settimane visita canili e sparge la voce, alla ricerca del suo fedele amico.
Ritrovato dopo alcuni mesi
Solo alcuni mesi dopo scopre che il cagnetto è stato trovato da una signora che lo ha portato in una clinica veterinaria di Milano. Dopo una decina di giorni, il canile milanese che ha preso in cura il cucciolo, non riuscendo a rintracciare il padrone, lo dà in affidamento alla donna che lo ha trovato. Il cane, infatti, non è dotato di microchip e non è quindi registrato all’anagrafe canina: un errore costato caro al proprietario.
Ma la storia non finisce qui
La signora si accorge che il cane ha difficoltà ad ambientarsi, non riesce proprio a vivere in appartamento, abituato a girare libero per le campagne. Decide quindi di contattare un’esperta, un’addestratrice cinofila che appena vede il cagnetto lo riconosce: è Whisky, l’amico a quattro zampe dell’agricoltore che disperato ancora lo cerca. Inizia così una lunga richiesta di contatti, di incontri: si cerca di convincere la signora a restituire il cucciolo di tre anni, ma lei non sente ragioni e non intende separarsi dal cane.
Le vie legali
Il proprietario decide quindi di rivolgersi a un avvocato, Francesca Zambonin, che intraprende una lunghissima battaglia per fare in modo che il cane torni al legittimo proprietario. Ma non è semplice: come fare a dimostrare che è proprio Whisky? Ed ecco l’intuizione: “Abbiamo chiesto al giudice di nominare un perito esperto in biologia genetica veterinaria e di disporre di un test del dna per accertare l’identità del cane”, racconta l’avvocato, esperta in controversie che nascono proprio per l’affidamento degli animali. Anche se, ammette lei stessa, un caso del genere non le è mai capitato.
Il test del dna conferma
Di solito si tratta di coppie che litigano per ottenere l’affidamento di cani o gatti dopo una separazione. La richiesta è insolita, ma il giudice accetta. Il test del dna non lascia dubbi: quel cane è proprio Whisky. La comparazione tra il test effettuato su peli e saliva del cagnetto e quello rilevato su cuscini e giochi del cucciolo combacia perfettamente. E non è facile: la genetica dei cani è molto diversa da quella degli uomini. Eppure, il perito è convinto: si tratta di Whisky.
La sentenza dopo cinque anni
Passano gli anni, cinque, e finalmente arriva la decisione del giudice: il cane deve ora tornare al proprietario. Ma la donna non cede ancora: “Dovremo chiedere un atto esecutivo”, afferma l’avvocato, dispiaciuta perché “è trascorso molto tempo, la giustizia ha un percorso lento su certe situazioni, è comprensibile. Forse bisognerebbe considerare anche che i cani hanno un’aspettativa di vita di pochi anni e accelerare questi casi”.
Parte della famiglia
Considerazioni condivisibili a parte, il cane deve ufficialmente tornare dall’agricoltore. “Può sembrare esagerato – ammette il legale –, ma per il mio cliente il cane ha un valore inestimabile, un affetto profondo nato nei primi anni di vita, quando lui si era infortunato e il cagnetto era il suo compagno fedele che gli ha dato la forza di rialzarsi in un momento difficile. Per molte persone gli animali sono a tutti gli effetti parte della famiglia”.