Organizzazioni criminali specializzate nella pesca di carpe, cavedani e persino pesci siluro. Le ecomafie e i clan che, secondo gli ultimi studi, operano sempre più spesso nell’area fiorentina, hanno trovato un nuovo mercato. Inimmaginabile fino a poco tempo fa. Si tratta del «bracconaggio ittico», ovvero della pesca abusiva in acqua dolce fatta con esplosivi, scariche elettriche o reti a tramaglio. Bersagli sono i grandi fiumi e laghi, a partire dall’Arno e da Bilancino. A illustrare il fenomeno, nel corso del seminario su «ecomafie ed ecoreati» organizzato da Anci Toscana, Regione e Legambiente, è stato il comandante regionale dei carabinieri forestali, colonnello Maurizio Folliero.
«È un’emergenza nuova ma che muove interessi enormi – ha spiegato – tanto che nel Nord Italia, dove è arrivata già da alcuni anni, ha portato anche a conflitti a fuoco fra pescatori e forze dell’ordine. Il fenomeno è nato a seguito dello stop alla pesca sul Danubio, dove i controlli sono diventati rigidi. Abbiamo di fronte bande organizzate dell’Est Europa che arrivano qui con furgoni frigo, colpiscono di notte, depredano fiumi e ripartono verso l’Est».
E il pesce? «Non finisce sui nostri mercati – ha spiegato il colonnello Folliero –. Il pescato migliore viaggia verso l’Est Europa, mentre gli esemplari meno pregiati vengono venduti a fabbriche di cibo per animali, sempre all’estero». Chiaramente tutto avviene nell’ambito di un mercato parallelo e illecito. Così, al rischio ecologico si aggiunge quello per la salute umana. Ma quanto è diffuso il fenomeno? A Bilancino, a fine 2017, fu ritrovata una rete ancora posizionata e con all’interno 35 carpe. Da allora la vigilanza è stata rafforzata. Controlli aggiuntivi sono stati affidati alla Fipsas che opera anche la notte, con le guardie ittiche volontarie.