lunedì 17 settembre 2018

ITALIANO IN SUDAFRICA FA LA GUERRA AI BRACCONIERI

In Sudafrica, a difendere rinoceronti e ippopotami dai bracconieri, senza prendere un soldo. David Marmonti è un architetto fucecchiese di 38 anni, trasferitosi a Recco per lavoro. In queste ore si trova nella terra di "Madiba" Mandela, dove pattuglia una riserva per evitare che i bracconieri uccidano e mutilino i rinoceronti per poi accaparrarsi il tanto ambito corno, che viene utilizzato nella medicina tradizionale cinese per curare le malattie più disparate. David non è un militare, è un istruttore della Poaching Prevention Academy (Accademia per la protezione dal bracconaggio) che adesso è in Sudafrica; non può rivelare in quale riserva, perché farlo equivarrebbe a “spifferare” ai bracconieri che lì ci sono ancora dei rinoceronti da mutilare. Ma cosa ci fa un architetto in Africa a salvare i rinoceronti? «Sono stato molti anni negli scout – racconta in una pausa tra un pattugliamento e un altro – e mi hanno insegnato a lasciare il mondo meglio di come l’ho trovato. Fra pochi anni queste specie saranno estinte e i miei figli non potranno più vedere questi “bestioni”, a causa della stupidità e dell’ingordigia dell’uomo. Io non ci sto e coi miei compagni faccio qualcosa di concreto». Ma come si arriva a fare il ranger in Africa? «Ho fatto un addestramento di 2 anni, seguendo corsi di addestramento con fucile, di occultamento con mimetizzazione (per appostarci senza farci vedere e informare le altre squadre) e procedure di movimento tattico, per operare in squadre di 2-4 uomini. Come tutti sono armato ma le armi le usiamo solo per difesa: operiamo in ambienti difficili e i bracconieri sono disposti a tutto». Questo perché un chilo di corno vale fino a 100mila dollari e il rinoceronte adulto ne ha uno di circa 3 chili. I bracconieri di solito agiscono con la luna piena, che loro chiamano “poacher moon”, cioè la luna del bracconiere. Agiscono a gruppi di tre: uno col machete, uno con la motosega e un altro col fucile da caccia grossa. Si intrufolano nella riserva e poi colpiscono il rinoceronte:«Lo abbattono, ma spesso è ancora vivo quando con motosega e machete gli sfigurano il muso per estrarre il corno». David dipinge un quadro a 360 gradi del bracconiere: «C’è chi lo fa di mestiere e chi “arrotonda” nei weekend, perché magari ha un salario basso. Il nostro è comunque un lavoro che ci tiene a stretto contatto con la gente del luogo e non ci alimenta la sete di vendetta; il nostro compito è solo di proteggere gli animali (anche ippopotami e grandi primati) e di consegnare queste persone alla legge». I rangers della Ppa prima addestrano i colleghi africani, poi vanno in pattugliamento con loro:«Lunghe ore a camminare nella savana creano legami: noi lavoriamo con loro, dormiamo e mangiamo con loro, diveniamo alla fine fratelli della grande famiglia dei rangers». Marmonti è dotato di binocolo, radio, kit di sopravvivenza e un’arma. E poi c’è Scud, un cane col nome di un missile. Alla fine, però, il bracconiere te lo trovi davanti:«Noi possiamo fermarli, identificarli, immobilizzarli e chiamare la polizia. Siamo autorizzati ad usare le armi solo per difesa». Il che vuol dire se ti sparano addosso. Ma le insidie non finiscono qui:« Anche serpenti, scorpioni e ragni sono pericoli. Pochi giorni fa con un compagno siamo dovuti scappare da alcuni elefanti che stava provando a caricarci». Pericoli su pericoli:

ma vuoi mettere difendere animali che sono comparsi sulla terra 55 milioni di anni fa? E che – se vincono i bracconieri– potremo vedere solo a Super Quark. Intanto la battaglia dei “jedi della savana” va avanti, pattugliamento dopo pattugliamento.