I LEADER EBREI VORREBBERO ABOLIRE IL RITUALE KAPAROT
La notizia arriva da Gerusalemme e si riferisce alrituale del Kaparot e allaviolenza da esso prevista nei confronti degli animali.
Per generazioni, gli ebrei ultra-ortodossi hanno marchiato il loro Yom Kippur sventolando polli vivi sopra le loro teste mentre recitavano una benedizione, e poi macellando i volatili come modo simbolico di ripulirsi l’anima dai peccati.
Ora, fortunatamente, sono proprio alcuni rabbini a criticare aspramente questa forma di crudeltà nei confronti degli animali, cui in genere assistono anche i bambini (basti guardare la foto in apertura, in cui alcuni uomini si accingono a tagliare la gola agli animali mentre, alle loro spalle, bambini piccolissimi osservano la scena).
I rabbini sostengono che il rituale, assieme alle modalità crudeli in cui vengono detenuti i polli, viola le leggi ebraiche, molto rigide per quanto concerne la cura e la macellazione degli animali.
Il rabbino Meir Hirsch ha iniziato ad avere dei ripensamenti sulla pratica del Kaparot (che significa “espiazione”) quando ha notato i polli divincolarsi disperati all’interno di gabbie di plastica, vicino casa sua.
Sostiene che i macellai “portano i polli di notte, e gli animali passano tutto il giorno sotto il sole, privi di cibo e acqua. Non puoi portare a compimento un comandamento compiendo un peccato”.
La tradizione del Kaparot è vecchia di 800 anni ed è già da tempo che tanto i leader della comunità ebraica israeliana e americana cercano di interromperla, ma i rabbini delle comunità ultra-ortodosse più piccole sembrano non voler sentire ragioni.
La maggior parte degli ebrei più moderati considera il Kaparot così inteso come un’assurdità e ne esegue una versione che non prevede l’uso di animali. Allo stesso modo, alcuni animali ebrei chiamano alla compassione nei confronti delle vittime sacrificali, che di colpe, ovviamente, non ne hanno.
“Le persone che fanno il Kaparot pensano solo a far male a quell’uccello, e credono anche di aver fatto una cosa buona donandone le carni. Non si rendono conto del dolore che gli procurano”.