Lettera
aperta alle istituzioni: recepimento direttiva 2010/63 sulla protezione degli
animali utilizzati a fini scientifici.
Ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato
Al Presidente del Consiglio dei Ministri, Sen. Prof. Mario
Monti
Al Ministro della Salute , Prof. Renato
Balduzzi
Ai Capigruppo della Camera e del Senato
Ai membri della XIV° Commissione Permanente “Politiche
dell’Unione Europea” del Senato.
Onorevoli Presidenti,
Gentile Ministro,
Onorevoli Deputati e Senatori
l’approvazione
della direttiva 2010/63 è stata contestata dal lato etico da innumerevoli
professionisti (scienziati, medici, artisti, psicologi, scrittori, politici),
dalla maggioranza della popolazione europea, e dalla totalità delle
associazioni antivivisezioniste per la sua crudeltà e arretratezza. Nonché per
l’implicito divieto per gli Stati membri di applicare <disposizioni più rigorose> (art. 2) se
non già previste a livello nazionale al 9 novembre 2010, contrariamente a
quanto previsto dalla direttiva precedente del 1986.
E’
inoltre stata approvata non tenendo conto del fatto che la sperimentazione
animale non è affidabile per quanto riguarda l’estrapolazione all’uomo dei
risultati ottenuti dagli animali, come affermano oggi anche prestigiose riviste
scientifiche (v. British Medical Journal, Science, ecc..) nonché il National
Research Council degli Stati Uniti d’America.
Ciò
è particolarmente grave per quanto riguarda le sostanze chimiche per le quali,
in base al regolamento europeo REACh, non
è previsto che i test effettuati sugli animali vengano (nemmeno in parte, come
per i farmaci) ripetuti sull’uomo, con grave pregiudizio anche per la salute
dei cittadini, mentre la direttiva (art. 5 comma c) li ammette indistintamente.
A
quanto sopra si aggiunge la possibilità per gli Stati membri, prevista dalla
direttiva all’art. 13, di vietare “taluni metodi” indipendentemente dal fatto
che possano essere “alternativi” o “sostitutivi” e validati a livello
internazionale (UE ed OCSE) senza doverne fornire alcuna giustificazione, con altrettanto
grave eventuale pregiudizio anche per la salute dei cittadini.
Le
principali obiezioni sollevate contro tale atto del Parlamento europeo sono pertanto
le seguenti:
- la illiceità di tale normativa rispetto ai
diritti dei cittadini e degli Stati membri riconosciuti dai Trattati della UE e
dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione;
-
la permanenza, ed in alcuni casi l’inasprimento, delle peggiori misure previste
dalla direttiva precedente per il trattamento degli animali (ad esempio: riutilizzo
degli stessi anche in esperimenti molto dolorosi, art. 16; interventi senza
anestesia, art. 14 e Allegato VIII; sperimentazione su cani e gatti randagi,
art. 11; isolamento prolungato, nuoto forzato, scosse elettriche, Allegato
VIII; ecc..).
Le
azioni immediate che i firmatari della presente lettera aperta chiedono
con forza al Parlamento ed al Governo del paese sono pertanto:
1) - La richiesta alla Commissione europea di
modifica della direttiva in considerazione della palese illiceità di
alcuni articoli (2, 5 e 13) rispetto ai Trattati dell’Unione ed alla Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione, articoli che limitano la libertà dei
cittadini e degli Stati membri, ovvero il ricorso alla Corte di
Giustizia della UE per il loro annullamento.
2) L’inclusione nella nuova legge di
recepimento della direttiva delle <disposizioni più rigorose>
esistenti nella legislazione nazionale prima del 9 novembre 2010, come ammesso
dalla direttiva stessa all’art. 2, e non incluse negli emendamenti fino ad oggi
approvati, quali quelle contenute nel decreto legislativo 116/92 (artt. 4, 8, e
18), nella legge 281/91 sul “randagismo” (art. 2 commi 3,7,8,9 e art. 5 comma 4),
nonché il disposto della legge 413/93 sull’obiezione di coscienza.
Le
motivazioni fondamentali di tali richieste e le disposizioni da includere nella
nuova legge sono espresse in dettaglio nel documento allegato.
In
attesa di un cortese riscontro, confermiamo la nostra disponibilità ad una
tavola rotonda per un aperto confronto.
Cordiali saluti
1 febbraio 2012
Per le
associazioni firmatarie:
Massimo
Terrile
e-mail:
comunicazioni@antispec.org
Tel.
039.6065817
Associazioni
firmatarie
A. N. T. A., ONLUS; Cristina Bruschi; vicepresidente@antaonlus.org
ASS. A-MICIRANDAGI
ONLUS; Enrica Miraglia; a.micirandagi@virgilio.it
ASS. AMICI ANIMALI, ONLUS; Manuela Pallotta; presidente@amicianimali.org
ASS. AYUSYA, ONLUS; Eugenia Silvia Rebecchi;
ass.ayusya@libero.it
ASS. SALVIAMO GLI ORSI DELLA LUNA; Natascia Pecorari;
forbears.katamail.com
LAC - LEGA ABOLIZIONE CACCIA; Carlo Consiglio ; presidenza@abolizionecaccia.it
L.I.D.A. FIRENZE ONLUS; Serena Ruffilli/Stefania Sarsini;
koalina74@gmail.com
Lettera aperta
alle Istituzioni sul recepimento della direttiva 2010/63 (protezione degli
animali utilizzati negli esperimenti scientifici).
Allegato
Quanto segue costituisce parte
integrante della “Lettera aperta alle Istituzioni sul recepimento della
direttiva 2010/63”, allo scopo di dettagliare le motivazioni e le richieste dei
firmatari.
A) Illiceità dei alcuni articoli della
direttiva 2010/63.
Per quanto riguarda la illiceità di
tale normativa rispetto ai diritti dei cittadini e degli Stati membri sanciti
dai Trattati dell’Unione, si fa presente quanto segue:
A.1) Il divieto posto agli Stati
membri della UE di poter apportare nelle legislazioni nazionali misure più
rigorose a protezione degli animali (art. 2 - Misure nazionali più rigorose)
dopo il 9 novembre 2010, contrariamente
a quanto prevedeva la precedente direttiva 86/609 (art. 24), contrasta
palesemente con :
- la definizione degli animali non umani quali <esseri senzienti>
contenuta nell’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione (T.F.U.).
In base a tale definizione si deve tener
conto delle disposizioni e delle
consuetudini degli Stati membri a tale proposito;
- il principio di proporzionalità contenuto nell’art. 5 del Trattato
dell’Unione (T.U.), considerato che la norma eccedendo nel contenuto quanto
necessario per il conseguimento degli obiettivi dei Trattati (regole di
concorrenza per il mercato interno). Gli animali, in conseguenza di quanto sopra, non
possono infatti essere più considerati come merci o prodotti, e pertanto le
norme che li riguardano esulano dalle competenze esclusive dell’ Unione.
- la libertà degli Stati membri nei settori della ricerca e dello
sviluppo tecnologico (art. 4.3 del T.F.U.), dove si afferma che la UE ha
competenza <concorrente< con gli Stati membri;
- la libertà degli Stati membri di imporre divieti o restrizioni in
materia di importazione, esportazione, e transito (art. 36 T.F.U.) giustificati
da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle
persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, ecc.. , purché ciò
non costituisca un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione
dissimulata al commercio tra gli Stati membri;
- l’assenza della clausola di salvaguardia riconosciuta agli Stati
membri nell’art. 114.10 del T.F.U., in base alla quale le misure di armonizzazione
delle legislazioni degli Stati membri imposte dalla U.E. possono essere
modificate da questi ultimi adottando, per motivi
di carattere non economico, misure provvisorie soggette comunque ad una
procedura di controllo dell’Unione. E’
il caso ad esempio del riconoscimento
di nuovi metodi alternativi nazionali o del disconoscimento anche unilaterale
della validità della sperimentazione animale ai fini della salute umana;
-
la lotta alle discriminazioni,
basate anche sulle convinzioni personali e religiose sancite nell’art. 10 del T.F.U. In base a tali principi, vietare ai cittadini
europei di esprimersi democraticamente a livello nazionale relativamente al
modo di trattare gli animali in quanto “esseri senzienti” è palesemente una
discriminazione nei riguardi delle persone;
-
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 10, in quanto in antitesi
con la libertà di pensiero, di coscienza
e di religione sancita dalla “Carta”. I cittadini e gli Stati membri hanno infatti
il diritto di esercitare democraticamente le libertà e le competenze loro
riservate dai Trattati, dei quali la suddetta Carta è parte fondante.
Si
sottolinea che la precedente direttiva lasciava ampia libertà agli Stati membri
di applicare misure più rigorose (Articolo 24), ed in particolare dispone:
“La presente direttiva non limita il diritto
degli Stati membri di applicare, o di adottare, misure più rigide per la
protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o per il controllo e la
limitazione dell'uso degli animali in esperimenti….”
A.2) Il riconoscimento del diritto per gli
Stati membri di poter vietare “taluni metodi” ai sensi della legislazione
nazionale (art. 13 – Scelta dei metodi), in deroga alla richiesta
(nello stesso articolo) di assicurare il divieto di esperimenti per i quali la legislazione dell’Unione riconosce altri metodi o strategie di
sperimentazione che non prevedano l’impiego di animali vivi, contrasta
palesemente con:
-
la protezione dei consumatori
prevista all’art. 4 del T.F.U., in base al quale la UE ha in
tale materia competenza concorrente con quella degli Stati
membri. Nonché a quanto previsto
agli artt. 6, 168 e 191 del T.F.U., dove si afferma che la UE ha competenza nel completare
l’azione degli Stati membri nella tutela e miglioramento della salute umana, e
garantirne un
adeguato
livello di protezione.
Infatti, metodi alternativi che in base alla direttiva fossero vietati in alcuni Stati membri
per motivi etici (leggi anche “religiosi”,
ad esempio l’utilizzo di cellule staminali umane…), o
commerciali, si potrebbero infatti
rivelare più efficaci e sicuri di
quelli “tradizionali”;
-
il principio di proporzionalità, in
quanto tale facoltà, concessa agli
Stati membri in base
all’art. 13, è contraria alle regole di
concorrenza del mercato interno, e impedirebbe la
diffusione di nuove tecnologie creando
disparità e ostacoli alla diffusione di prodotti tra gli Stati
membri.
A.3) L’identificazione delle finalità degli
esperimenti (art. 5 - Finalità delle procedure) sancisce in pratica quali siano
i tipi di esperimenti ritenuti “leciti”, e quindi, considerato
il divieto di opporvisi con misure
nazionali più rigorose (art. 2), di fatto irrinunciabili da parte degli Stati membri. Tale
disposizione è palesemente un paradosso nell’ambito
di una norma mirante alla “protezione” degli animali utilizzati nella
sperimentazione. Peraltro si includono in tale articolo anche fini didattici (chiamati impropriamente
“educativi”), e fini commerciali (chiamati
impropriamente “scientifici” non in
omaggio ai loro scopi, bensì ai mezzi ed alle tecniche utilizzati per perseguirli), quali anche quelli previsti dal regolamento REACh. L’imposizione
del riconoscimento esplicito di tali fini è quindi in evidente contrasto con:
- la libertà di coscienza dei
popoli europei, in quanto lede inequivocabilmente i principi
espressi all’art. 10 del T.F.U. (discriminazioni) ed all’art. 10 e 21 della Carta dei diritti
fondamentali
(libertà di pensiero, di coscienza, di religione, e ancora di non
discriminazione).
Includere nell’insegnamento scolastico o
universitario la didattica o la formazione con uso di
animali è una violazione del principio
della libertà di coscienza, con conseguente grave
discriminazione per i cittadini che aborriscano
tali metodi, non potendosene sottrarre.
- il rispetto delle disposizioni e
delle consuetudini degli Stati membri, riconosciuto nell’art.
13
del T.F.U. in merito al
benessere degli animali quali esseri senzienti.
- il rispetto della libertà degli
Stati membri in tema di ricerca e sviluppo tecnologico, sanciti
dall’art.
4.3 del T.F.U. E’ infatti competenza
non esclusiva né concorrente della
UE il
legiferare in merito a tali materie.
- l’assenza della clausola di
salvaguardia come sopra accennato, e per gli stessi motivi, qualora . uno Stato membro ritenga di non utilizzare
la sperimentazione animale ai fini sella
salute
dei cittadini o
della sanità pubblica, in virtù dell’
esistenza di metodi scientificamente più
avanzati.
Per questi motivi si chiede al Parlamento ed
al Governo di promuovere una richiesta alla Commissione europea per la modifica
degli articoli 2, 5, e 13, della direttiva ai fini di salvaguardare i suddetti
principi e diritti sanciti dai Trattati dell’Unione, ovvero di
promuovere un ricorso alla Corte di Giustizia della UE al fine di richiedere
l’annullamento di tali disposizioni.
B) Mantenimento delle misure nazionali più
rigorose (previste dal Dlgs 116/92 ed altre norme nazionali).
In
merito a tale argomento, la direttiva 2010/63 esclude oggi molto chiaramente le
disposizioni più rigorose – rispetto al disposto della stessa - contenute prima
del 9 novembre 2010 nella legislazione
nazionale italiana (v. oltre, punti 1, 2, 3 e 4). Tuttavia, la direttiva stessa
ammette il loro inserimento nella legge nazionale di recepimento di tale
direttiva (art. 2), ove previste prima di tale data.
Gli emendamenti fino ad ora proposti alla pdl 4623 per il recepimento della direttiva 2010/63 ed approvati dalla
Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera il 19 gennaio 2012, non sono comprensivi di tutte le
disposizioni che invece potrebbero essere incluse nella nuova norma nazionale, quali
quelle presenti nel decreto
legislativo n. 116 del 1992, nella legge 281/91 (legge quadro sul randagismo).
In base all’articolo 2 della
direttiva, “.. gli Stati membri possono mantenere disposizioni vigenti al 9 novembre 2010, intese ad
assicurare una protezione più estesa
degli animali che rientrano nell’ambito di applicazione della presente
direttiva rispetto a quella prevista
nella presente direttiva. Prima del 1° gennaio 2013, gli Stati membri
informano la Commissione di tali disposizioni nazionali. La Commissione le
porta all’attenzione degli altri Stati membri…”.
Pertanto,
i firmatari della presente chiedono che il Governo recepisca nella nuova
norma, ad integrazione e/o sostituzione degli emendamenti (v. in calce : “Emendamenti”)
già approvati dalla Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera (Pdl
C 4623) al 19 gennaio 2012, quanto segue (v. anche le relative Note):
1) Sostituzione dell’emendamento f): “vietare
gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora
provochino dolore all'animale”,
con le seguenti:
“Tutti gli esperimenti che possano
provocare dolore all’animale all’atto della loro esecuzione o
successivamente devono essere effettuati sotto anestesia o analgesia, salvo se
l’anestesia risulti più dolorosa o traumatica dell’esperimento. E’ vietato,
salvo specifica autorizzazione ministeriale, ogni esperimento che comporta
o rischia di comportare gravi lesioni o un forte dolore che potrebbe protrarsi
(v. Nota 1).
2) Inserimento delle disposizioni del Dlgs
116/92 ex articoli 4, 8 e 18, ed in particolare:
- Art. 4.4). Un animale non può
essere utilizzato più di una volta in esperimenti che comportano forti dolori, angoscia o sofferenze equivalenti (v.
Nota 2).
- Art.
8 b). Il
Ministro della Sanità, su domanda, può
autorizzare:
- esperimenti su primati non umani, cani e gatti soltanto quando
obiettivo siano verifiche medico-biologiche
essenziali e gli esperimenti su altri animali non corrispondano agli scopi dell’esperimento (v. Nota 3);
- esperimenti a semplice scopo
didattico soltanto in caso di inderogabile necessità e
non
sia possibile ricorrere ad altri sistemi dimostrativi (v. Nota 4).
- Art. 18.1). Il Ministro della
Sanità, con proprio decreto, sentito l’Istituto Superiore di Sanità,
può
limitare il numero delle specie di cui all’Allegato I (elenco delle specie
obbligatoriamente
da allevamento per la sperimentazione) o il numero delle razze o
categorie
all’interno di ciascuna specie (v. Nota 5).
- Art. 18.2).… (c. sopra) … può
modificare le linee di indirizzo di cui all’Allegato II
(riguardante
le misure per la detenzione degli animali negli stabulari) per tener conto
dei
progressi tecnologici (v. Nota 6).
- Art. 18.3). …. (c. sopra) … adotta
con proprio decreto misure più rigorose nell’utilizzazione
degli
animali negli esperimenti (v. Nota 7).
3) Inserimento del disposto della Legge 281
del 1991, art. 2 commi 3,7,8,9 e art. 5 comma 4, riguardante il divieto di utilizzare cani e gatti randagi
per la sperimentazione, e relative sanzioni.
La
direttiva permette all’ art. 11 anche l’utilizzo di cani e gatti randagi o
inselvatichiti per la sperimentazione, contrariamente a quanto previsto
dalla direttiva precedente.
Peraltro,
un divieto in tal senso non è chiaramente espresso negli emendamenti approvati. Infatti, al punto b) degli stessi, il
divieto di utilizzare cani, gatti e scimmie antropomorfe esclude
i test c.d. “obbligatori” ed altri finalizzati alla salute dell’uomo o delle
specie coinvolte, ma l’emendamento c) vieta di allevarli a tale scopo (con
la sola esclusione di primati non appartenenti alle scimmie antropomorfe).
Resterebbe
pertanto per i test “regolatori” di cui sopra la sola possibilità di utilizzo di
animali randagi o inselvatichiti o di scimmie non antropomorfe.
Giusta l’interpretazione degli
emendamenti b) e c), il divieto di
utilizzo dei randagi sarebbe quindi solo affidato alla legge 281/91. Benché,
per i gatti, non esplicitamente. Si veda a tale proposito l’art. 2 comma 3 (divieto di
sperimentazione) per quanto riguarda i cani catturati e tenuti nei canili
comunali, e l’art. 2 comma 7 (divieto di maltrattamenti) per i gatti che vivono
in libertà, nonché l’art. 5.4 (sanzioni per il “commercio” a fini di sperimentazione per cani e gatti, ma non di
“sperimentazione” in assoluto).
Peraltro, per quanto riguarda i “maltrattamenti”, la legge 189/04 (che inserisce nel codice penale il Titolo IX bis “Dei
delitti contro il sentimento per gli animali”), non si applica alle leggi speciali, per cui per quanto riguarda la
sperimentazione (legge speciale) occorre sia
meglio esplicitato il divieto di utilizzo dei cani randagi e gatti che
vivono in libertà (es. cani di quartiere, colonie feline, animali
inselvatichiti), come previsto dallo spirito delle nostre norme, anche per chiarire
e semplificare tali disposizioni.
4) Inserimento del disposto dalla legge 413
del 1993 sull’Obiezione di coscienza.
Si richiede inoltre che il testo integrale ditale legge sia incluso quale primo articolo della nuova legge sulla sperimentazione, al fine di evitare, come oggi spesso
avviene, che studenti ed operatori del settore siano ignari dell’esistenza di
tale norma.
(Per le suindicate “Note” vedere alla pagina
seguente).
Note.
(1) L’emendamento f) prevede l’anestesia o
l’analgesia solo “qualora” l’esperimento provochi dolore all’animale. Tale
formulazione sembra riferirsi più alle conseguenze ex-post dell’esperimento anziché alla loro previsione. L’art. 4.3 del dlgs 116/92 prevede l’anestesia o
l’analgesia per tutti gli esperimenti, salvo all’art. 9 ammettere la deroga
all’anestesia ove più traumatica dell’esperimento, ed al comma 3 richiedere una
autorizzazione specifica per esperimenti che provochino gravi lesioni o forti
dolori, che andrebbero peraltro vietati. Essendo stato già approvato
l’emendamento f) a modifica del disposto del dlgs 116/92, art. 9, è pertanto plausibile
richiedere un ulteriore emendamento al testo.
(2) Tale
disposizione è assente nella direttiva (che anzi prevede il
riutilizzo degli animali all’art. 16 anche se sono stati utilizzati una prima
volta con tali modalità) e negli
emendamenti approvati, per cui si
potrebbero utilizzare due volte gli stessi animali anche in esperimenti di tale
tipo.
(3) L’attuale dlgs 116/92, all’art. 8.1 permette al Ministro della
Salute di autorizzare esperimenti sugli animali citati solo in caso di verifiche medico-biologiche essenziali, o di insostituibilità della
specie, esperimenti diversamente oggi
tutti vietati (art. 3.2). La
direttiva e l’emendamento b) proposto escludono
invece da tale divieto i test “regolatori” (previsti dalla UE e dall’OCSE,
per i prodotti farmaceutici, le sostanze chimiche, ecc..), e quelli finalizzati
alla salute dell’uomo e delle specie coinvolte (in pratica quasi tutti).
Mantenendo l’attuale norma l’Italia potrebbe vietare anche i test suddetti
ove non si riconosca ad essi la finalità prevista per l’autorizzazione “in
deroga”.
(4) L’attuale dlgs 116/92 all’art. 8.3 permette al Ministro della Sanità di autorizzare gli esperimenti a semplice
scopo didattico, oggi vietati in quanto non inclusi nell’art. 3.1
della stessa norma. Senza distinguere tra didattica (intesa come
insegnamento nelle scuole superiori o università), o formazione di operatori
del settore. L’emendamento e) alla
direttiva (la quale permette la didattica quale fine “educativo” (!), artt.
1 e 5) vieta invece solo l’utilizzo di
animali “nell’ambito sperimentale di esercitazioni didattiche” (quindi
escluso l’ambito “non sperimentale”, ossia di “routine” o “formazione”), ammettendolo quindi per sempre ai
fini della formazione di medici e veterinari (ma verranno poi prevedibilmente
inclusi anche gli operatori del settore).
(5) Tale
disposizione è assente nella direttiva (che contempla anch’essa
l’Allegato I) e negli emendamenti
proposti. Salvo quanto previsto negli stessi emendamenti al punto c),
ossia il divieto generico di allevare
cani, gatti e primati non umani (con riferimento però alle sole scimmie antropomorfe ossia in pratica Gibboni,
Orangutan, Gorilla, Bonobo e Scimpanzé, in quanto rimanda al punto b
precedente), ad esclusione (e senza
più specifica autorizzazione) dei test “regolatori”, o ricerche finalizzate alla
salute dell’uomo o delle specie coinvolte. L’emendamento c), pertanto, limita la libertà che ha oggi il Ministro
di vietare l’allevamento delle altre specie previste nell’Allegato I, discriminandole,
e vieta ben poco (e troppo tardi..).
(6) Tale
disposizione è assente nella direttiva e negli emendamenti proposti, per cui l’Italia
non potrebbe più modificare autonomamente le disposizioni (obbligatorie, con la
nuova direttiva) dell’Allegato II, neppure per eventuali aggiornamenti
derivanti dai progressi tecnologici.
(7) Tale
disposizione è assente nella direttiva e negli emendamenti, contrariamente a
quanto stabilito dalla direttiva precedente del 1986 che lasciava liberi gli
Stati membri di apportare qualsiasi modifica migliorativa. Sembrerebbe peraltro
vietata in base all’art. 2 della direttiva stessa. Tuttavia, in considerazione
della libertà per gli Stati membri sancita dai Trattati (vedere sopra) nei
settori della ricerca scientifica e
tecnologica e per la protezione della salute dei consumatori, nonché degli animali, tale disposizione
potrebbe essere inserita in virtù proprio della sua pre-esistenza nel dlgs
116/92. Senza introdurre tale disposizione nella nuova legge non sarebbe
permesso apportare qualsiasi modifica più
restrittiva alla nuova norma nazionale. Come ad esempio il divieto della sperimentazione per i cosmetici, per i prodotti per la casa, per
i farmaci non necessari (quelli in sostituzione dei c.d. “generici”), per la
formazione superiore, le verifiche medico-legali, ecc..
Emendamenti
Estratto dal sito della Camera in data 23
gennaio 2012. Le disposizioni si riferiscono agli emendamenti proposti alla pdl
4623 (c.d. “legge comunitaria 2011) riferiti al recepimento della direttiva
2010/63, ed approvati dalla Commissione Politiche dell’Unione europea il
19 gennaio 2012.
Dopo l'articolo 5, inserire il seguente:
Art.
5-bis.
(Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).
(Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici).
1. Ai fini
dell'attuazione della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a
fini scientifici, il Governo è
tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, in quanto compatibili, anche i seguenti principi e criteri
direttivi:
a) garantire l'implementazione di metodi alternativi all'uso di animali a fini scientifici, destinando all'uopo congrui finanziamenti; formare personale esperto nella sostituzione degli animali con metodi in vitro, nel miglioramento delle condizioni sperimentali (principio delle 3R), anche tramite corsi di approfondimento all'interno di centri di ricerca e università integrandone il piano di studi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Inoltre, assicurare l'osservazione e applicazione del principio delle 3R grazie alla presenza di un esperto in metodi alternativi e di un biostatistico all'interno di ogni organismo preposto al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici;
b) vietare l'utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti e specie in via d'estinzione a meno che non risulti obbligatorio da legislazioni o da farmacopee nazionali o internazionali o non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione delMinistero della salute , sentito il Consiglio superiore di
sanità;
c) vietare l'allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione di cui alla lettera b) su tutto il territorio nazionale;
d) assicurare una misura normativa sufficientemente cautelare nei confronti degli animali geneticamente modificati, tenendo conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell'effettiva necessità della manipolazione, del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali e valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e per l'ambiente;
e) vietare l'utilizzo di animali negli ambiti sperimentali di esercitazioni didattiche, ad eccezione dell'alta formazione dei medici e dei veterinari, e di esperimenti bellici;
f) vietare gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora provochino dolore all'animale;
g) assicurare un sistema ispettivo che garantisca il benessere degli animali da laboratorio, adeguatamente documentato e verificabile, al fine di promuovere la trasparenza, con un numero minimo di due ispezioni all'anno di cui una effettuata senza preavviso;
h) predisporre una banca dati telematica per la raccolta di tutti i dati relativi all'utilizzo degli animali in progetti per fini scientifici o tecnologici e dei metodi alternativi;
i) definire un quadro sanzionatorio appropriato in modo da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo.
5. 012.La XII Commissione.
Approvato Fine del documento.
a) garantire l'implementazione di metodi alternativi all'uso di animali a fini scientifici, destinando all'uopo congrui finanziamenti; formare personale esperto nella sostituzione degli animali con metodi in vitro, nel miglioramento delle condizioni sperimentali (principio delle 3R), anche tramite corsi di approfondimento all'interno di centri di ricerca e università integrandone il piano di studi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Inoltre, assicurare l'osservazione e applicazione del principio delle 3R grazie alla presenza di un esperto in metodi alternativi e di un biostatistico all'interno di ogni organismo preposto al benessere degli animali e nel Comitato nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici;
b) vietare l'utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti e specie in via d'estinzione a meno che non risulti obbligatorio da legislazioni o da farmacopee nazionali o internazionali o non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell'uomo o delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva 2010/63/UE, previa autorizzazione del
c) vietare l'allevamento di primati, cani e gatti destinati alla sperimentazione di cui alla lettera b) su tutto il territorio nazionale;
d) assicurare una misura normativa sufficientemente cautelare nei confronti degli animali geneticamente modificati, tenendo conto della valutazione del rapporto tra danno e beneficio, dell'effettiva necessità della manipolazione, del possibile impatto che potrebbe avere sul benessere degli animali e valutando i potenziali rischi per la salute umana e animale e per l'ambiente;
e) vietare l'utilizzo di animali negli ambiti sperimentali di esercitazioni didattiche, ad eccezione dell'alta formazione dei medici e dei veterinari, e di esperimenti bellici;
f) vietare gli esperimenti che non prevedono anestesia o analgesia, qualora provochino dolore all'animale;
g) assicurare un sistema ispettivo che garantisca il benessere degli animali da laboratorio, adeguatamente documentato e verificabile, al fine di promuovere la trasparenza, con un numero minimo di due ispezioni all'anno di cui una effettuata senza preavviso;
h) predisporre una banca dati telematica per la raccolta di tutti i dati relativi all'utilizzo degli animali in progetti per fini scientifici o tecnologici e dei metodi alternativi;
i) definire un quadro sanzionatorio appropriato in modo da risultare effettivo, proporzionato e dissuasivo.
5. 012.
Approvato Fine